Veterinaria: un cambiamento di rotta è necessario
Psicologia e Crescita Personale
Psicologia e Crescita Personale
David Bettio, medico veterinario, ci parla del cambiamento di rotta necessario che dovrebbe avvenire nel campo della veterinaria, in Italia. Vaccini, richiami, immunologia e i rimedi omeopatici.
David Bettio
Parliamo di veterinaria.
Mi torna spesso in mente il caso di Leon, un carlino che qualche tempo fa è stato morso vicino all’occhio. Un banale incidente, che ha provocato un’infiammazione e un’infezione dei tessuti, tanto che Leon non riesce ad aprire l’occhio. I sintomi sono quelli che ci si aspetta in un processo infiammatorio: dolore, calore locale, arrossamento, edema. Leon sta abbastanza bene nonostante la ferita, ha solo un lieve rialzo termico e un po’ meno appetito del solito.
Il paradigma attuale della Scienza Medica in Occidente ci suggerisce una modalità di trattamento. Non c’è un protocollo fisso, eppure lo diventa: le buone pratiche veterinarie suggeriscono l’utilizzo di un antibiotico ad ampio spettro.
Cosa prevede la medicina attuale
In questi casi infatti non c’è tempo il tempo necessario per effettuare un esame batteriologico, per attendere il risultato dell’antibiogramma e per sapere quindi qual è l’antibiotico più corretto per il tipo di batterio che si è sviluppato.
In questi è abitudine associare spesso, se non sempre, anche un farmaco antiinfiammatorio per ridurre gli effetti infiammatori causati dall’infezione. Ci sono molti antiinfiammatori che posso essere somministrati, tra i più comuni ci sono i Fans e gli antiinfiammatori steroidei (cortisone). Anche per l’utilizzo di questi farmaci esistono una moltitudine di protocolli.
Solitamente nel giro di pochi giorni l’infiammazione e l’infezione scompaiono, esiterà probabilmente una piccola cicatrice che porterà ad una guarigione totale. Questo succede se non emergono complicazioni.
Applicare alla cura questo modello scientifico è efficace e in buona parte i sintomi causati dal morso scompaiono in breve tempo. È un applicazione terapeutica piuttosto recente se pensiamo che il primo antibiotico messo in commercio fu la penicillina nel 1943 e anche la terapia antiinfiammatoria è di recente acquisizione, infatti il più antico antinfiammatorio ha appena compiuto 100 anni ed è un derivato di sintesi dell’acido salicilico, la famosissima aspirina.
E con i nostri animali?
Se si pensa al proprio cane che subisce un trattamento del genere, non emerge nulla di preoccupante. Ma proviamo invece a ragionare sulla totalità degli interventi sanitari che ogni medico veterinario attua quotidianamente in tutto il pianeta, comprendendo anche tutte le altre specie animali interessate da cure mediche di cui i pet (animali da compagnia) sono solo una minima parte. A questo punto sì che il fenomeno assume una grandezza rilevante.
Nonostante vi siano in Italia circa 10 milioni di pet, a questo numero già ragguardevole si devono aggiungere tutti i cani e gatti rinchiusi nei canili e nei gattili, gli animali non censiti e il numero ancora più ragguardevole di animali di altre specie, destinati all’alimentazione umana (bovini, equini, suini, polli, tacchini, conigli, quaglie, pesci…) e quelli destinati alla sperimentazione farmacologica.
Il numero degli animali coinvolti diventa enorme, e di conseguenza il numero dei trattamenti terapeutici. Tra i primi farmaci coinvolti in ordine di grandezza troviamo:
- gli antibiotici
- gli antiinfiammatori steroidei e non steroidei
- farmaci ormonali
- i chemioterapici
- gli anestetici.
Si pensi di sommare a questo numero anche tutti i trattamenti farmacologici sugli esseri umani, quelli che facciamo da soli, quelli che ci prescrive il nostro medico e tutti quelli che vengono utilizzati e dispensati negli ospedali. Pensate questo in scala mondiale. I numeri diventano davvero esorbitanti, da far girare la testa al solo pensiero.
Le emergenze veterinarie
Questo tipo di pratica sanitaria ha già fatto emergere gravi problematiche, dopo soli 100 anni di utilizzo e ha ottenuto statisticamente pochi vantaggi: la spesa sanitaria pro-capite è in continuo aumento, ci sono sempre più ammalati. Ci sono sempre meno patologie infettive ma di contro un enorme numero di persone soffrono di malattie croniche o per le quali serve la chirurgia.
Queste stesse dinamiche coinvolgono anche l’ambito veterinario tanto che l’allarme dell’OMS coinvolge sia gli esseri umani che gli animali. Le quattro principali emergenze veterinarie sono:
- farmaco-resistenza
- impatto ambientale
- benessere animale
- sicurezza alimentare
Se queste sono le criticità attuali, si può a buona ragione discutere sul fatto che il modello che doveva risolverle è fallito, o quanto meno sta facendo acqua da tutte le parti. È tempo di sacrificare le nostre vacche sacre. È tempo di cambiare paradigma scientifico.
Un nuovo modello scientifico
Non è tempo di cancellare ciò che di buono ha il paradigma scientifico predominante, ma è arrivato certamente il momento di condividere le conoscenze e di integrare nella nostra visione del mondo e quindi anche della cura, un nuovo modello scientifico, o nuovi modelli scientifici.
Il modello terapeutico è un modello mutuato dal pensiero riduzionistico della Scienza Medica consolidata. È un modello che ritiene il batterio la causa dell’infezione, che funziona appunto per un determinismo causa-effetto e per il quale esiste un protocollo d’azione standardizzato del quale è stata dimostrata l’efficacia in test di laboratorio (sperimentazione).
Non mi sto ponendo in contraddizione con l’approccio della scienza riduzionistica, della scienza imperante (o sarebbe meglio dire pseudo-scienza), dico solamente che è arrivato il momento di fermarci e riflettere assieme sui risultati che questo di modello ci ha donato. Recentemente sono stato ricoverato per un intervento chirurgico e mi sono sentito proprio fortunato, ho incontrato un bravo chirurgo che mi ha accompagnato per tutto il percorso: dalle analisi pre-operatorie, alla preparazione all’intervento chirurgico che ha eseguito lui stesso, e mi ha seguito anche nei giorni successivi.
Ne riconosco il valore, come quando nella mia professione si ricorre alla chirurgia per risolvere temporaneamente o definitivamente una problematica di salute, oppure il suo utilizzo nella medicina preventiva o contenitiva (per esempio: ovariectomia, orchiectomia, gastropessi…). Però il modello scientifico e di pensiero che lo supporta (filosofia) non prevede confronto perché assurge alla verità, negando persino le evidenze scientifiche avanzate da altri saperi.
Un caso piuttosto recente di negazione di evidenze è quello del Metodo Di Bella, il cui fenomeno non è stato neppure considerato, ritenuto non degno di alcuna investigazione scientifica.
Oppure penso a ciò che è stato messo in evidenza dallo studio più completo sull’alimentazione mai realizzato, descritto in The China Study di Colin Champbell.
Esistono eccome modelli scientifici che ci propongono un modo nuovo (nuovo perché noi non lo conosciamo, ma in realtà antico, perché pone le sue basi metodologiche su discipline e tradizioni che hanno più di 2000 anni come la medicina tradizionale cinese oppure più di 200 anni come omeopatia).
Questi approcci oltre a proporre modalità terapeutiche senza l’utilizzo di farmaci chimici di sintesi, propongono attivamente e concretamente dei programmi di medicina preventiva, cosa che il modello scientifico preponderante non propone più perché troppo concentrato sull’effetto della cura delle malattie, piuttosto che della loro prevenzione.
La modalità più diffusa di gestione dei pet prevede un’alimentazione di tipo industriale, protocolli vaccinali esasperati senza un gran senso logico, medicalizzazioni eccessive e determina lo snaturare del ruolo etologico specifico della specie. Ormai anche la tipologia di allevamento industriale rappresenta un ecosistema a sé stante, che favorisce lo sviluppo e la diffusione di malattie infettive e parassitarie tale da determinare l’esigenza di una medicalizzazione spinta e sistematica per garantire livelli di produttività accettabili.
Nel corso del tempo questa situazione è divenuta sempre più critica investendo molteplici aspetti della produzione, con ricadute e implicazioni sistemiche non più trascurabili: non solo sul piano economico ma anche sul piano del benessere animale, sulla salute umana e animale, ambientale. Nonostante le conoscenze scientifiche avanzate questo sistema produttivo e terapeutico richiede una applicazione tecnologica spinta ben oltre la sostenibilità stessa del sistema e dunque deve avvalersi di pratiche farmacologiche sempre più pericolose (si pensi ad esempio al fenomeno della farmaco-resistenza).
Eppure, nonostante queste gravi emergenze e le conoscenze scientifiche ormai acquisite, si propone continuamente di mantenere lo status quo.
Nonostante la legislazione stia tentando di arginare le emergenze critiche del sistema, un’applicazione farmacologica razionale è resa problematica da motivi culturali, economici e tecnologici che sono direttamente correlati al modello di sviluppo produttivo proprio dell’allevamento industriale. Significativo a tale proposito l’interesse dell’industria per lo sviluppo di questo tipo di medicalizzazione spinta nel settore degli animali da compagnia. La situazione crea la necessità per l’industria di rivolgersi ad altri contesti merceologici per poter arginare la crisi e procrastinare mutamenti evolutivi tesi alla sostenibilità generalizzata.
Proteine, farmaci, impatto ambientale
La produzione di proteina di origine animale, alla quale si attribuiva il valore di risolvere la fame nel mondo, ha già da tempo evidenziato limiti e criticità per quanto riguarda il valore nutrizionale umano (nel mondo occidentale – vedi The China Study) senza per altro aver risolto, per ora, problematiche legate alla malnutrizione globale (iponutrizione e ipernutrizione).
Ormai queste questioni sono sempre più controverse. Lobby farmaceutiche e un modello di pensiero imperante sia dal punto di vista culturale che scientifico, una politica inadeguata e inadempiente, ostacolano di fatto un cammino verso il cambiamento, auspicato però in tutti gli incontri mondiali sul cambiamento climatico e sull’ecologia.
Se da una parte emergono le criticità del modello imperante che parlano dell’impatto ambientale e sanitario, dell’utilizzo spropositato di farmaci e della pochezza delle misure da adottare perché il paradigma non ha soluzioni alle sue criticità e non riesce o non vuole guardare ad altri saperi, dall’altra parte ci si predispone a vendere sempre di più farmaci, non si sa se per far fronte alla attuale crisi economica o cos’altro: la libera cessione del farmaco da parte dell’operatore sanitario – medico o veterinario – potrebbe essere una forma di contenimento anche se sappiamo che forme di comparaggio con vanno a braccetto con l’etica professionale e la preoccupazione rispetto alla farmaco-resistenza, neppure capisco come si possa sostenere di andare a comprare in farmacia una scatola con un numero eccezionale di compresse da tenersi in casa per ogni evenienza perché non si sa mai… sapendo che ormai ci sono più farmacie che bar e che sono aperte fino a notte fonda più delle discoteche! Eppure nelle nostre case abbiamo un numero ragguardevole di farmaci umani e veterinari scaduti o che stanno per scadere di cui nessuno si occupa, e che spesso finiscono nella spazzatura normale rientrando nella catena di eventi che contribuiscono alla farmaco-resistenza.
La necessità di un cambiamento di paradigma
Le evidenze scientifiche hanno dimostrato che altri modelli scientifici sono efficaci, che la cura migliore delle malattie è sempre la loro prevenzione. Eppure la scienza imperante è fortemente miope in questo senso. Nel campo dei pet, di cui mi occupo come professionista, si conosce poco o nulla e addirittura si ostacola il cambiamento del paradigma alimentare nutrizionale, continuando a perpetuare e consigliare l’utilizzo di alimenti industriali.
Alimento fresco e cibo crudo: dieta Barf
Succede spesso che molti colleghi ai quali dei clienti si rivolgono per problematiche acute critichino in maniera pesante, scorretta e senza una base scientifica a supporto il modello nutrizionale che attuo nei miei pazienti mediante l’uso di alimento fresco e crudo. Lo status quo è mantenuto in modo più o meno consapevole (sigh!) dalle istituzioni veterinarie: recentemente è stato pubblicato un articolo sulla pericolosità dei cibi crudi sia per la salute animale che umana, ponendo l’accento sulla possibile diffusione batterica in caso di conservazione inappropriata (“FDA’s Advice: Know the Risks of Feeding Raw Foods to Your Pets” FDA Consumer Update, June 30, 2014), come se i cani non leccassero ogni tipo di schifezza quando li accompagniamo in passeggiata!
Con questa semplice e banale considerazione dovemmo riuscire a rileggere in modo critico le conclusioni alle quali giunge questo articolo, oppure potremmo decidere di chiudere il nostro cane dentro casa per il resto della sua vita!
Vaccini, richiami e immunologia
Un altro argomento delicato per cui permangono ancora dei veri e propri baluardi antiscientifici anacronistici e vere e proprie posizioni preconcette riguardano i protocolli vaccinali. Anche in questo ambito la confusione regna sovrana e vien da pensare che sia alimentata volontariamente: ormai tutti i manuali e libri di immunologia veterinaria raccomandano la prima vaccinazione almeno dopo le 12 settimane di vita dell’animale e un richiamo almeno triennale e se non con intervallo maggiore, invece i foglietti illustrativi dei vaccini ne raccomandano l’intervento annuale, corroborato dalla diffusione di articoli specialistici su riviste di settore che un mese sostengono il richiamo vaccinale triennale o quinquennale, e il mese successivo pubblicano un articolo che sostiene la vaccinazione annuale. Molti studi si contraddicono a vicenda e questo è accaduto e accade da sempre. Basterebbe un po’ più di buon senso, basterebbe osservare le evidenze e lasciare fuori dalla porta tutto ciò che cerca di confonderci le idee. Oppure accettare semplicemente l’integrazione dei saperi.
E allora vi dico che Leon è stato trattato dopo il morso per 3 giorni consecutivi con Arnica 200CH, 3 granuli sciolti in poca acqua 2 volte al giorno. Arnica come molti sapranno è un rimedio omeopatico, quindi non porta con sé una molecola chimica ma un messaggio fisico.
I rimedi omeopatici
I rimedi omeopatici in genere non hanno tossicità alcuna, non danno problematiche residuali e non determinano inquinamento ambientale. Sono farmaci sicuri perché prodotti secondo le buone pratiche produttive (GMP), e soprattutto sono efficaci. Per non parlare dell’economicità nel loro utilizzo. In una sola parola, sono ecologici nel senso più vero del termine.
A partire dalle prime osservazioni pionieristiche in campo omeopatico e secondo alcuni studi ed esperimenti più attuali della ricerca di base pare proprio che sia possibile trasmettere informazioni elettromagnetiche all’acqua. Gli stessi studi recenti di Mountagner nel 2009 su ultrafiltrati batterici rilevano frequenze elettromagnetiche del DNA in soluzioni che non contengono più il batterio di per sé. Dunque, teoricamente è possibile trasmettere informazioni all’acqua. L’omeopatia si fonda proprio su un principio di questo tipo. Delle diluizioni secondo la metodologia omeopatica non conosciamo l’esatta frequenza elettromagnetica, ma si conoscono e si possono determinare in laboratorio caratteristiche chimiche e fisiche (pH, il calore di mescolamento , la termo luminescenza - Luys Ray et al. - , la conduttività, l’evoluzione temporale delle variazioni dei caratteri chimico fisici - v, Elia - ecc. E. Del Giudice -G.Preparata ).
L'Ecosistema Sanitario: salute umana e salute animale
Concordo infine sul fatto che la medicina dell’uomo e degli animali sia una sola e che sia trasversale nell’ecosistema sanitario.
"The One Health concept: is a worldwide strategy for expanding interdisciplinary collaborations and communications in all aspects of health care for humans, animals and the environment.”
Per curare gli animali al pari degli esseri umani bisognerebbe allora tornare a comprendere anche il concetto di salute così come inteso dall’OMS che sancisce quanto segue: “La salute è lo stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia”. Dunque che gli animali possano vivere da animali, nel rispetto delle proprie caratteristiche ed esigenze etologiche, a partire dall’alimentazione, per passare dai trattamenti di immunizzazione e arrivare alla medicalizzazione, senza mai dimenticare il rispetto per la loro dignità di esseri senzienti.
Difendere ad oltranza i livelli di medicalizzazione in atto per mantenere questo stato di cose è oramai più che banalmente insostenibile.
Quindi, più che opporsi ai mutamenti, sarebbe meglio esserne gli artefici.