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Uscire o no dall’euro? Alain de Benoist denuncia le mosse per impedire questa scelta

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Uscire o no dall’euro? Alain de Benoist denuncia le mosse per impedire questa scelta

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Uscire o no dall’euro? Alain de Benoist denuncia le mosse per impedire questa scelta

Si può uscire davvero dall’euro? A questa domanda delle domande che corre in tutte le discussioni sulle possibili soluzioni alla crisi economica che affligge ancora molti Paesi dell’area europea, il noto economista Alain de Benoist dedica una parte del suo ultimo lavoro editoriale dal titolo “La fine della sovranità”, edito da Arianna Editrice. Secondo Benoist, “la decisione dei dirigenti della Commissione europea e della Bce di aiutare i Paesi in difficoltà, aggiungendo però all’aiuto delle condizioni che in realtà ne aggraveranno la situazione, consiste nello stabilizzare il sistema pur mantenendo intatti i suoi catastrofici funzionamenti interni”.


Redazione Web Macro

Si può uscire davvero dall’euro? A questa domanda delle domande che corre in tutte le discussioni sulle possibili soluzioni alla crisi economica che affligge ancora molti Paesi dell’area europea, il noto economista Alain de Benoist dedica una parte del suo ultimo lavoro editoriale dal titolo “La fine della sovranità”, edito da Arianna Editrice. Secondo Benoist, “la decisione dei dirigenti della Commissione europea e della Bce di aiutare i Paesi in difficoltà, aggiungendo però all’aiuto delle condizioni che in realtà ne aggraveranno la situazione, consiste nello stabilizzare il sistema pur mantenendo intatti i suoi catastrofici funzionamenti interni”.

L'austerità è vista come unica via d'uscita

Frédéric Lordon, collega francese di Benoist oltre che filosofo, su questo tema aggiunge: “Siamo entrati in quello che potremmo chiamare un regime di austerità sub-atroce. Le popolazioni, che avevano ormai solo le speranze paradossali del peggio, cioè la prospettiva di farla finita con le loro sofferenze, grazie al crollo endogeno della costruzione europea, ripiomberanno in pieno nell’aggiustamento strutturale senza nemmeno il soccorso delle contraddizioni europee, temporaneamente contenute dalla Bce, e la cui divergenza costituiva il solo modo per mettere un termine alle loro prove. In definitiva, la chiusura di fortuna della breccia da parte della Bce lascia l’austerità come unico orizzonte”.
Nel suo libro, Benoist lancia la domanda se la crisi attuale è una crisi del debito o una crisi dell’euro? La sua idea è che si tratta, in primo luogo, di una crisi del debito, ma “è evidente – scrive Benoist - che le condizioni in cui l’euro è stato creato l’hanno notevolmente aggravata, volendo ignorare le disparità economiche tra i Paesi chiamati ad applicarlo; tuttavia, nelle sue radici più profonde, essa non è stata fondamentalmente provocata dall’indebitamento pubblico, che ne è stato solo la conseguenza”.

Una totale assenza di regolamentazione

L’analisi di Benoist fa notare, inoltre, che secondo un collettivo di circa centoventi economisti, l’aggravamento dei deficit pubblici è in realtà il risultato “della caduta delle entrate fiscali dovuta in parte ai regali fiscali fatti ai più agiati, dell’aiuto pubblico concesso alle banche commerciali e del ricorso ai mercati finanziari per trattenere quel debito a tassi d’interesse elevati. La crisi è spiegabile con la totale assenza di regolamentazione del credito e dei flussi di capitali a spese dell’impiego, dei servizi pubblici e delle attività produttive”.
La nostra crisi è una crisi di competitività – si legge nel libro citato – e viene aggravata dagli effetti perversi dell’euro per poi tradursi nell’aggravamento dei deficit commerciali, nella scomparsa di interi settori dell’attività industriale, nella moltiplicazione dei “piani sociali” e delle distruzioni di posti di lavoro. E qui torna la domanda iniziale: uscire dall’euro è la soluzione? È l’opinione di Emmanuel Todd, altro noto economista francese, e, da più tempo, anche quella dell’altro economista Jacques Sapir, per il quale l’unico scopo del TSCG (il Trattato sulla Stabilità, ndr) è quello di “rendere credibile la politica di salvataggio dell’euro”.

E la Grecia dovrà prima o poi uscire dall'Euro...

Benoist però procede con maggiore cautela. “L’uscita dall’euro permetterebbe certamente una svalutazione – scrive nel libro - che a sua volta renderebbe possibile un calo senza dolore dei costi salariali, ma un tale modo di agire ha senso solo se lo si assume in modo concertato, al fine di consentire un ritorno alle monete nazionali, che vada di pari passo con il mantenimento di una moneta comune riservata agli scambi internazionali. È chiaro che nessuno, oggi, desidera una simile soluzione”. Benoist si dice convinto che tutto dimostra che i dirigenti dell’Unione europea sono pronti a qualunque cosa, anche al peggio, pur di non toccare l’euro. “La stessa Grecia – secondo Benoist - che pure forse alla fine sarà costretta a uscirne, sta facendo di tutto per evitare un ritorno alla dracma. La Germania, dal canto suo, vuole impedire ai Paesi mediterranei di uscire dall’euro, perché sa che ciò le costerebbe più di quanto le farebbe guadagnare, ma logicamente non vuole neanche essere la mucca da mungere dei Paesi del Sud; per questo, è la prima a battersi a favore di un controllo rigoroso della spesa pubblica all’interno della zona euro”.


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