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Dragoncello, un aroma tutto da scoprire

Alimentazione Sana

Dragoncello, un aroma tutto da scoprire

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Dragoncello, un aroma tutto da scoprire

Il dragoncello è un'erba aromatica oggi poco nota in Italia, ma che vale la pena conoscere per il buon sapore e le proprietà. Scopriamole insieme in questo articolo.


Giuliana Lomazzi

Il nome fa allusione ai draghi, probabilmente per il fatto che le radici si attorcigliano come serpentelli. Per altro questa perenne aromatica è nota anche come erba dragona – presumibilmente perché veniva usata contro i morsi degli animali velenosi e dei cani rabbiosi – o di estragone (termine derivato da una parola araba che significa drago). Estragon la chiamano ancora oggi i francesi, che ne sono grandi appassionati. Ma prima di procedere occorre fare una piccola distinzione.

Francese e russo

Esistono infatti due tipi di dragoncello. Il primo, detto francese o tedesco (Artemisia dracunculus var. sativa) ha un aroma fresco e delicato; oltre che in cucina viene impiegato anche in erboristeria e per l’estrazione di un olio essenziale. Il secondo, detto russo o siberiano (Artemisia dracunculus var. inodora) ha un aroma meno raffinato ma è più resistente e facile da coltivare in zone non troppo calde. Ha un uso limitato, prevalentemente in cucina.

Secondo alcuni, gli europei conobbero il dragoncello durante le crociate, anche se l’uso dell’erba tardò a diffondersi nel nostro continente; secondo altri, questa pianticella era già diffusa dalla fine del VII secolo. Tuttavia, già ai tempi delle crociate (XI-XIII secolo), gli arabi vi ricorrevano durante le epidemie di peste, come pure per coprire il gusto di medicine poco gradevoli – veniva allora masticato insieme al farmaco da assumere.

Varie popolazioni impiegarono in passato il dragoncello, soprattutto per i problemi di stomaco; l’erba veniva anche masticata in caso di mal di denti.

Il dragoncello in fitoterapia

Oggi l’erboristeria sfrutta le foglie e le sommità fiorite di questa aromatica per alleviare i disturbi dell’apparato gastrointestinale: difficoltà digestive, scarsità di succhi gastrici, flatulenze, meteorismo, singhiozzo, nausea, spasmi intestinali, inappetenza, infezioni gastriche e intestinali. Si può allora utilizzare sotto forma di infuso (una tazza dopo i pasti).

Per calmare il singhiozzo e la nausea e rinfrescare l’alito si può semplicemente masticare qualche fogliolina. Indirettamente, il dragoncello aiuta ad abbassare la pressione: infatti è talmente saporito che consente di ridurre notevolmente il sale.

L’infuso serve anche per alleviare le mestruazioni dolorose e la sintomatologia della sindrome premestruale; per uso esterno, può essere utilizzato per sciacqui contro il mal di denti o impacchi in caso di reumatismi.

Oltre che sotto forma di erba, il dragoncello può essere impiegato in tintura (secondo le istruzioni riportate in confezione). Non si devono però dimenticare gli effetti collaterali: va evitato l’uso in gravidanza (può stimolare l’utero) e durante l’allattamento. Deve fare particolare attenzione chi è allergico alle asteracee (o composite, la famiglia di appartenenza). Inoltre l’uso esterno può provocare irritazioni cutanee. Meglio evitare l’olio essenziale, che è leggermente tossico.

Il dragoncello in cucina

Per i francesi, fa parte delle fines herbes e trova moltissimi impieghi in cucina: aromatizza funghi, minestre, burro, senape e altre salse di antica tradizione. Quanto all’Italia, il dragoncello è attualmente poco noto, anche se in passato era utilizzato nel Senese. Da qui proviene infatti una salsa a base di aglio e mollica intinta nell’aceto: una ricetta antica, citata già in ricettari rinascimentali.

Soprattutto fresche, queste foglioline verde chiaro e allungate possono dare un valido contributo in cucina, per esempio aggiunte alle insalate, usate per aromatizzare l’aceto o “intrappolate” in cubetti di ghiaccio da aggiungere agli aperitivi.

L’erba secca è meno gradevole di quella fresca, ma non da disdegnare. In ogni caso è bene ricordare di aggiungere il dragoncello all’ultimo momento della cottura, per conservare meglio le sue proprietà organolettiche.

La ricetta – Carote al dragoncello

  • 600 g di carote
  • 1 mazzetto di dragoncello fresco
  • 50 ml di aceto bianco di vino
  • 50 ml di vino bianco
  • il succo di 1 lime
  • farina di riso
  • 4 cucchiai di olio extravergine
  • sale e gomasio

Lava le carote e tagliale a bastoncini. Tuffale in acqua bollente salata (deve coprirle appena) e cuocile al dente. Scolale, conservando l’acqua di cottura. Mettile in una terrina, condiscile con il gomasio, il succo del lime e metà dell’olio. Lascia intiepidire.

Intanto fai bollire l’aceto e il vino finché non sono ridotti di un quarto. Sala e aggiungi 100 ml di acqua di cottura delle carote.

Stempera un paio di cucchiaini di farina di riso in poca acqua fredda e unisci anche questa. Fai addensare a fuoco medio, rimestando.

Spegni la fiamma e unisci il dragoncello lavato, asciugato e tritato grossolanamente. Fai intiepidire e frulla a immersione.

Incorpora l’olio rimasto e servi le carote marinate con questa aromatica salsa.

 

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Giuliana Lomazzi
Giuliana Lomazzi è nata a Busto Arsizio (VA) e da qualche anno vive a Trieste. Laureata in Lingue e Letterature straniere moderne presso... Leggi la biografia
Giuliana Lomazzi è nata a Busto Arsizio (VA) e da qualche anno vive a Trieste. Laureata in Lingue e Letterature straniere moderne presso l'Università di Milano, dopo un'esperienza di insegnamento nelle scuole superiori, ha iniziato nel 1990 a lavorare nell'editoria, prima come traduttrice e poi come autrice e giornalista.I suoi interessi... Leggi la biografia

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