Il piacere della tavola è senza tempo. Intervista a Pietro Leemann
Alimentazione Sana
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Spesso le distanze sembrano non esistere, a dispetto dei chilometri che separa un luogo dall'altro. Prendiamo Cina e Italia: dal punto di vista culinario, o meglio ancora, della cultura culinaria, sono molto più vicine di quanto si possa immaginare. Ne offre un esempio il progetto portato avanti da Pietro Leemann, celebre chef vegetariano, alla guida da anni del ristorante Joia a Milano. Ci riferiamo al libro Il Piacere della Tavola nella Cucina Antica e Oggi, si può dire scritto a quattro mani da Leemann e da un suo, altrettanto celebre, “collega” cinese Yuan Mei che però è vissuto oltre due secoli fa.
Redazione Web Macro
Leemann ha voluto cancellare distanza fisica e temporale e far emergere che il concetto di “ricerca della qualità” non scade mai. Il grande letterato e gastronomo Yuan Mei è paragonato al nostro Pellegrino Artusi. Leemann lo scopre durante il suo lungo soggiorno in terra orientale e ne rimane profondamente colpito tanto da decidere di far tradurre il testo scritto da Yuan Mei “La Cucina di Villa Suiyuan” e di “completarlo” con un suo personalissimo commento.
E tra i risultati che ne derivano c’è anche quello sottolineato da Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, nella sua Prefazione: “...l’aver compreso l’importanza del saper riconoscere la qualità dei cibi attraverso l’uso consapevole di vista, gusto, olfatto, tatto e udito. Ed è il concetto fondante per un’adeguata educazione del gusto, dunque quanto di più attuale ci possa essere.”
Resta, però, sempre la curiosità di capire ancora meglio cosa ha fatto scattare la molla a Leemann per questo suo libro. Ce la facciamo togliere da lui stesso.
Leemann, cosa l’ha spinta a realizzare questo suo libro?
Il testo di partenza (“La Cucina di Villa Suiyuan” - ndr) è della metà del 1700 ma quando lo si legge è di una freschezza molto contemporanea perché, alla fine, i temi, quando si parla di qualità, e in questo caso di cucina di qualità, sono simili ai nostri. Yuan Mei tratta della grande cucina cinese che è un mondo affascinante e bellissimo ma i parametri del buono e del giusto sono uguali, là come qua.
Restano comunque delle differenze: Mei si riferisce a una mentalità diversa dalla nostra, come approccio alla cucina. Ad esempio, in Cina le persone sono molto attente alla consistenza dei cibi, noi siamo più attenti al palato. I parametri sono diversi ma i concetti di “buono” e “giusto” si assomigliano. L'aspetto che mi piace in modo particolare di Mei è la sacralità dell’ospite e altrettanto sacro è l’approccio verso quanto cucina. Nonostante il suo libro non sia vegetariano, c'è comunque una parte vegetariana che ritengo sia molto interessante. Io sono vegetariano ma riconosco in Mei il rispetto verso il mondo animale.
La sua scelta di vita e professionale, quindi, si può abbinare a quella fatta da Mei secoli fa?
In effetti, potrebbe sembrare strano che io abbia scritto questo libro, facendo tradurre quanto scritto da Mei. Strano soprattutto in relazione alla mia scelta vegetariana fatta da più di 30 anni e con il ristorante che dirigo. Ma di fatto, io ho vissuto in Cina un periodo bellissimo dove ho imparato molto e dove, in fondo, sono anche diventato vegetariano. D'altronde, la cultura è cultura e anche chi fa una scelta vegetariana è interessante che la faccia in modo consapevole, che si confronti con chi non lo è.
Secondo me, la cucina vegetariana ha bisogno sempre di qualità, quindi chi cucina vegetariano deve farlo con gli strumenti che permettano di dare all’ospite un cibo convincente e quindi presti attenzione a chi vegetariano non lo è. Per molti anni, la cucina vegetariana è stata sicuramente corretta dal punto di vista della salute. Inoltre, è sempre stata anche molto equilibrata e corretta nella relazione col pianeta e, quindi, profondamente ecologica. Ma, a volte, lasciava desiderare per la qualità del cibo stesso che poteva sembrare un po’ punitivo e poco piacevole.”
Caratteristiche, quest’ultime, abbondantemente superate col tempo, vista l’evoluzione della cucina vegetariana, come la stessa attività di Leemann dimostra.
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