Manipolazione mentale sui banchi di scuola: alunni o burattini?
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La “fabbrica della manipolazione”, sotto qualsivoglia regime, “dittatoriale" o "democratico" ha lo stesso punto di partenza e di arrivo: si chiama scuola. Senza un controllo – diretto o indiretto – su ciò che si insegna sui banchi, infatti, nessun processo manipolativo può dirsi davvero efficace. Vi proponiamo una riflessione inquietante ma urgente sull'istituzione scolastica.
Redazione Web Macro
La “fabbrica della manipolazione”, sotto qualsivoglia regime, “dittatoriale" o "democratico" ha lo stesso punto di partenza e di arrivo: si chiama scuola. Senza un controllo – diretto o indiretto – su ciò che si insegna sui banchi, infatti, nessun processo manipolativo può dirsi davvero efficace.
Vi proponiamo una riflessione inquietante ma urgente sull'istituzione scolastica che gli autori Enrica Perucchietti e Gianluca Marletta approfondiscono nel loro nuovo libro La fabbrica della Manipolazione.
«Prese il libro di storia per bambini e guardò il ritratto del Grande Fratello che campeggiava sul frontespizio. I suoi occhi lo fissarono, ipnotici. (…) Un bel giorno il Partito avrebbe proclamato che 2+2 fa 5, e voi avreste dovuto crederci».
(George Orwell, 1984)
Da sempre la scuola ha qualcosa che neanche il più celebrato cantante rock o la più fascinosa star del cinema può vantare, ovvero il carisma dell’ufficialità. Questo significa, in concreto, che anche nella coscienza del più svogliato fra gli alunni esiste un cantuccio nascosto, in cui vige una certezza: quello che si insegna a scuola potrà anche essere noioso o inutile, ma… non vi è alcun dubbio che sia vero!
La scuola, pertanto, possiede il raro “potere della verità”: è la voce rassicurante, che indica i limiti di ciò che può essere considerato come “certificato e accettato”, e quello che noi tutti apprendiamo sui banchi rimarrà quasi sempre un punto di partenza irrinunciabile per ogni altra investigazione sulla realtà.
La scuola, d’altronde, non veicola tanto “i contenuti” – che normalmente verranno “resettati” dallo studente nel giro di poco tempo – quanto i “paradigmi”, ovvero i pilastri e i “paletti” entro i quali il pensiero è ritenuto accettabile. D’altro canto, quando si parla di “manipolazione” a scuola, bisogna evitare di immaginare “complotti” o “lobby” che coinvolgerebbero direttamente chi nella scuola opera: la vera manipolazione, in realtà, agisce attraverso la passività e “l’atonia intellettuale” che, al pari di uno “stato d’animo” pervadente, avvolge l’ambiente scolastico.
Condizionati da un clima ideologico dominante, docenti e persino autori di libri di testo non fanno altro, in fondo, che seguire passivamente la vulgata del pensiero dominante: la manipolazione, in questo caso, consiste non tanto nel fornire informazioni palesemente errate, quanto nell’avvalorare una conoscenza a una dimensione, in cui le ipotesi “ufficiali” sono le uniche ad avere diritto d’asilo e ogni eventuale “criticità” è destinata a essere ignorata.
Scrive la giornalista e saggista Ida Magli:
«È evidente che non sono stati comprati i singoli, se non altro perché non tutti si sarebbero fatti comprare; […] è stata comprata l’aria che respiriamo, l’atmosfera in cui viviamo, le strutture intellettuali ed educative di interi Paesi. […] Proprio così: nessuno ha reagito perché è stata inculcata, con l’abitudine a non vedere differenze, l’atonia intellettuale più completa».
Così Huxley descrive l’essenza dell’insegnamento scolastico ne Il Mondo Nuovo:
«“Voi tutti ricordate – disse il Governatore, con voce forte e profonda – voi tutti ricordate, suppongo, quel bellissimo e ispirato detto del Nostro Ford: ‘La storia è tutta una sciocchezza’. La storia – ripeté lentamente – è tutta una sciocchezza”. Agitò la mano ed era come se, con un invisibile piumino, egli avesse spazzato via un po’ di polvere, e la polvere era Ha- rappa, era Ur dei Caldei; delle ragnatele, ed esse erano Tebe e Babilonia e Cnosso e Micene. Una spolveratina, un’altra, e dov’era più Odisseo, dov’era Giobbe, dov’erano Giove e Gotamo e Gesù?».
La presa di coscienza di quanto appena detto è forse il primo passaggio verso l'autonomia intellettuale.