Il ritorno di Zecharia Sitchin
Attualità Storia e Misteri
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La capitale del regno azteco, Tenochtitlan, era già una grande metropoli all'arrivo degli Spagnoli: le prime descrizioni ne parlano infatti come di una città molto estesa, almeno quanto la maggior parte delle città europee del tempo, ben costruita e amministrata. Posta su un'isola del lago Texcoco, in una valle tra le montagne, essa era circondata dall'acqua e attraversata da canali – una sorta di Venezia del Nuovo Mondo. Gli Spagnoli restarono ammirati dalle strade lunghe e ampie che collegavano la città alla terraferma, come pure dalle numerose canoe che solcavano i canali, dalle strade sempre piene di gente, dai mercati affollati di mercanti e mercanzie provenienti da ogni parte del reame. Il palazzo reale aveva moltissime sale, ciascuna delle quali riccamente adornata e circondata da giardini in cui vivevano varie specie di animali e uccelli. In una grande piazza, fervente di attività, si svolgevano cerimonie religiose e parate militari. Ma il vero cuore pulsante della città e dell'impero era il vasto centro religioso – un immenso rettangolo di circa 10.000 kmq, circondato da una cinta muraria la cui forma doveva ricordare quella di due serpenti contorti. In questo recinto sacro si trovavano numerosi edifici: i più importanti erano il Grande Tempio con le sue due torri e il tempio parzialmente circolare di Quetzalcoatl. La piazza principale e la cattedrale dell’attuale Città del Messico, come pure molte altre strade ed edifici, si trovano proprio su una parte dell’antico recinto sacro.
Diego Marin
Così comincia il secondo capitolo de Gli Déi dalle Lacrime D'oro, IV volume de Le Cronache Terrestri, fortunata serie di libri di Zecharia Sitchin con la quale il discusso autore intende dimostrare l'esistenza di contatti tra le più antiche civiltà che hanno colonizzato il nostro pianeta. Sumeri, Egizi, Harappani, Olmechi e Chavin, pur separati da deserti, oceani o catene montuose, sarebbero stati espressione o eredità della stessa civiltà globale.
Leggere Sitchin è un viaggio virtuale ricco di dettagli durante il quale siamo accompagnati per mano a visitare città e centri cultuali seguendo le rotte dettate dai testi antichi
Anche per chi non ne condivide le tesi ultime, i saggi del ricercatore azero (uno dei pochi a saper leggere i caratteri cuneiformi) offrono comunque descrizioni particolareggiate dei monumenti, godibili riassunti della storia ufficiale e innumerevoli citazioni dal patrimonio mitologico dei popoli citati. Il lettore può in ogni caso vagliare gli indizi proposti e trarre le proprie conclusioni, in accordo o in disaccordo con l'autore.
In periodi come questo, nel quale è diventato difficile spostarsi fisicamente, i libri di Sitchin costituiscono una valida alternativa per avvicinarsi ai principali siti archeologici del pianeta, rilevare misure, allineamenti e configurazioni, abbinando l'accuratezza di un rapporto di scavo con il verbo spigliato della migliore guida turistica.
Ma ovviamente non sono solo questo. Sitchin è un abile “scavatore” di antiche testimonianze. Attingendo da tradizioni diverse e lontane, l'autore è in grado di colmare tutti i vuoti presenti nei singoli còrpora, arrivando con un buon grado di sicurezza a ricostruire i progressi nelle arti civili, le antiche rotte commerciali, le guerre tra civiltà e le catastrofi che delle civiltà hanno segnato lo sviluppo.
Per quanto riguarda il periodo pre e protostorico, pur con tutte le incertezze del caso, il lavoro di Sitchin costituisce un unicum, documentando una serie di avvenimenti impossibili da dedurre dalla sola analisi del record archeologico. A titolo di esempio, tra le scoperte di Sitchin annoveriamo:
- la migrazione di genti dall'Africa occidentale (tra i fiumi Niger e Congo) verso l'America Centrale nel 3113 a.C., i cui eredi svilupperanno la civiltà olmeca;
- l'esistenza di un impero Inca fondato nel 2400 a.C. e interrotto da catastrofi e invasioni al principio del II secolo d.C., i cui sopravvissuti ripararono a Tampu-Tocco (Machu Picchu) fino all’XI secolo d.C., quando la dinastia regnante tornò a Cuzco.
- La scoperta che nel vecchio impero era nota la scrittura, la quale venne proibita nel nuovo impero su avvertimento dei sacerdoti, che proprio nella scrittura avevano identificato la causa delle loro sciagure;
- la conquista di Aratta (la Valle dell’Indo o una città della stessa) da parte del re di Uruk Enmerkar tra il 3400 e il 3100 a.C.;
- l'arrivo sulle Ande dei Cassiti nel 2500 a.C. per l’approvvigionamento dello stagno boliviano, missione resa necessaria dal progressivo esaurimento delle miniere elamite a cominciare dal 2600 a.C.. La scoperta spiega l'improvvisa ricomparsa dello stagno in Medio Oriente nel 2200 a.C.. Da qui il nome stesso di “Cassiti”, derivato da una qualche variante indoeuropea del greco kassíteros (stagno).
- L'identificazione della regina Ninpuabi (scheletro principale della tomba PG-800 del cimitero di Ur) con la “dèa” Ninegula (Ninbanda), figlia della “dèa” Ninsun e del re-“semidio” Lugalbanda, sorella pertanto dell'eroe Gilgamesh. L'importanza del personaggio era tale da avere avuto nel proprio seguito per l'aldilà, ritrovato nella fossa di PG-800, persino un re (lugal) accompagnato da un sigillo che ne riportava il nome, Lugal Shupada.
- La precisa collocazione storica della vicenda di Abramo durante la III dinastia di Ur;
- la ricostruzione degli spostamenti tra Mesopotamia, Egitto e Asia Minore del dio Marduk, che a nostro avviso ricalcano gli spostamenti di un’antica fratellanza nota come “Oracolo di Bel-Marduk”;
- il ruolo del pozzo interno alla piramide di Cheope nell'edificazione della stessa.
Le letture dei testi sono sempre accompagnate dalla “visita” ai siti archeologici che di tali tradizioni sono l'espressione materiale, i quali consentono di documentare interessi comuni verso specifiche forme d'arte nonché gli stessi tentativi di dare risposta alle domande universali, per esempio scrutando con attenzione i moti dei corpi celesti. Leggere Sitchin ha inoltre permesso al sottoscritto di sviluppare una teoria attorno alla più famosa delle reliquie: l'arca dell'alleanza. Vedi http://stopilluminati.weebly.com/la-fabbrica-dellarca.html
L'autore ci guida inoltre nella storia delle scoperte stesse, come fa per esempio al capitolo 3 di Quando i Giganti Abitavano la Terra:
Affascinati dai racconti su Alessandro il Grande e le sue conquiste, che venivano ingigantiti con il passare dei secoli, viaggiatori europei si avventuravano fino alla lontana Persepoli (in greco, “Città dei Persiani”), dove si trovavano ancora i resti di palazzi, porte, scalinate processionali e altri monumenti. Le linee incise visibili (che poi si rivelarono iscrizioni) furono dapprima scambiate per una forma di disegno decorativo. Nel 1686 un visitatore delle rovine del sito reale persiano (Engelbert Kampfer) descrisse quei segni come “cuneati” (a forma di cuneo) e da allora il termine “cuneiforme” designa quella che nel tempo è stata riconosciuta come scrittura linguistica. […]
Nel 1835, mentre viaggiava attraverso zone remote del Vicino Oriente un tempo dominate dai re persiani, l’inglese Henry Rawlinson s’imbatté in un’iscrizione su alcune rocce inaccessibili in una località chiamata Bisotun. Il nome significa “luogo degli dèi” e l’enorme iscrizione commemorava una vittoria reale ed era dominata da un dio che si librava all’interno dell’onnipresente disco alato. Il dipinto era accompagnato da lunghe iscrizioni che, dopo essere state decifrate da Rawlison e altri, risultarono essere un documento trilingue del re persiano Dario I (un predecessore, vissuto un secolo e mezzo prima, di Dario III che combatté contro Alessandro).
Partecipiamo quindi alla scoperta di Ninive e Nimrud da parte di Austen Henry Layard, calchiamo le orme di Paul Emile Botta a Khorsabad e vediamo riemergere Babilonia sotto i colpi di vanga di Robert Johann Koldewey della Società Orientale Tedesca, lo stesso che (insieme a Friedrich Delitzsch) riporterà alla luce Shuruppak. Seguiamo Walter Andrae ad Ashur, sempre con la S.O.T., ed Ernest de Sarzec a Lagash, che inaugura la stagione delle città sumere. Troviamo John Peters a Nippur con l'Università della Pennsylvania, e ancora gli americani ad Adab con l'Università di Chicago. È quindi la volta di Hormuzd Rassam per il British Museum a Sippar e di Henri de Genouillac per il Louvre a Kish. Dopo la pausa imposta dalla prima guerra mondiale incontriamo Leonard Woolley ad Ur, a capo di una spedizione congiunta del British Museum e dell'Università della Pennsylvania. Infine le pagine di testi come Il Pianeta degli Dei e Il Libro Perduto del Dio Enki ci conducono a Eridu, dove l'attore principale è la Direzione Generale delle Antichità Irachene.
Certo Sitchin è anche Nibiru e Annunaki, l’idea che le maggiori conquiste dell'antichità, compreso lo stesso sviluppo del genere Homo siano da attribuire ad una razza aliena. Potete trovarne un sunto qui: http://stopilluminati.weebly.com/mitologia-s-a.html.
Per quanto io stesso guardi con scetticismo a tale conclusione, credo che Sitchin abbia il merito di aver dimostrato che tutte le antiche civiltà raccontano la stessa storia di dèi venuti dal cielo, di insegnamenti ricevuti dagli dèi in merito all'agricoltura, l'allevamento, l'architettura e l'astronomia, di catastrofi che hanno condotto l'umanità al limite dell'estinzione. Se questo non dimostra l'esistenza degli dèi, certamente dimostra che tra tante civiltà ci sono stati un contatto o un'origine comune. Se credere nell'esistenza degli Annunaki ha permesso a Sitchin di trarre così tanto dallo studio di testi e monumenti, allora ben venga una certa propensione per i voli pindalici. Che poi non si sa mai, che ci sia qualcosa di vero.
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