Autostima: come aumentarla senza diventare presuntuosi
Psicologia e Crescita Personale
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Barbara Monti ci parla di autostima. In un mondo pieno di competizione, del farsi largo a gomitate, la sua proposta è un elogio della normalità, per distunguersi dai presuntuosi.
Barbara Monti
Parliamo un po' di autostima. Jean Giono ha scritto una delle mie frasi preferite: “tutti vogliono un posto al sole. Allora, ragazzo mio, anziché cercare di farti posto, fatti sole!”.
Lo so, viviamo in un mondo che si basa sempre più sull’idea della competizione, del farsi largo a gomitate, del credere che se qualcosa la ottiene un altro allora per forza la sta togliendo a me; viviamo nell’ansia che non ce ne sia abbastanza per tutti, vediamo i nostri simili come potenziali ladri di qualcosa che ci appartiene oppure che ci potrebbe appartenere in futuro se non ci fosse questa minaccia, abbiamo paura. E animati da questa paura, sentiamo che dobbiamo assolutamente fare qualcosa, inventarci qualcosa, per essere migliori. Spiccare, sgomitare, emergere, avere successo, fare vedere a tutti chi siamo e quanto valiamo.
Fiducia in se stessi
Ma quanto valiamo? Questo non lo sappiamo; e ammettiamolo, nutriamo grossi dubbi. E meno lo ammettiamo e più ci viene l’ansia. E più lo nascondiamo nella speranza che non se ne accorga nessuno e più sale la pressione. Sarò davvero migliore? Se mi danno quel lavoro, sarò davvero in grado di farlo? Rincorro il successo con il fallimento alle calcagna. Corro, scappo, mi agito: e in tutta questa frenesia prendo decisioni, dico dei sì e dei no, imbocco nuove strade o ne chiudo di vecchie spesso senza la lucidità necessaria. Senza calma, senza tempo perfino, e senza sapere dove stiamo andando, ci affanniamo verso un ipotetico successo.
L’idea su cui si basa la salvezza è quella di essere speciali. Vincerò io perché sono speciale. Avrò quel posto perché io sono speciale. Sposerà me perché io sono speciale. Ho qualcosa in più degli altri, sono migliore. Così cerchiamo di farci posto, dovendo brillare più degli altri perché la nostra luce venga vista. E la loro, possibilmente, spenta.
Da bambini ci dicono che siamo speciali; oppure ci dicono che siamo sbagliati, e allora nasce la voglia di rivalsa che ci porta a dire te lo farò vedere io, che in realtà sono speciale. Vorremmo tanto che fosse vero, ma temiamo che non lo sia. E questo, sotto sotto, vale per tutti.
È un’illusione credere che sentirsi migliori sia un successo, in realtà è un'enorme fonte di ansia e stress. Non solo, ma non è nemmeno la chiave per il successo: è la via più sicura verso un senso di isolamento, separazione dagli altri (in quanto migliore sono diverso e quindi separato e quindi solo) e fallimento. Una parte di me sa che non è vero, e si adopererà per dimostralo.
Sono qui a tessere l’elogio della normalità. Ad esaltare il potere taumaturgico del profondo sollievo di potersi sentire normali. Non mediocri attenzione, normali.
Speciali, proprio come tutti gli altri. Unici e meravigliosi, proprio come tutti gli altri. Non peggiori di nessuno, ma nemmeno migliori. Sapere di essere niente male, ma nemmeno perfetti, lascia un margine al miglioramento. Ma soprattutto all’umiltà. L’umiltà è la chiave del successo.
Sapere di essere piccoli rende capaci di fare cose grandi.
Sentirsi grandi dà adito a comportamenti di grandiosità, non di grandezza. È quello che abbiamo da dire, da portare nel mondo, da condividere con gli altri che vogliamo sia grande-non noi stessi. In pratica, più ci mettiamo di mezzo e più intralciamo.
Leggevo poco tempo fa un articolo di un allenatore sportivo statunitense che dava dei consigli agli atleti: ricorda- ammoniva - anche se sei il migliore al mondo, sei solo il migliore al mondo a buttare una pallina in un buco in un prato. O semplicemente il più veloce a correre su una pista per 200 metri. Come dire, rilassati- sarai anche il migliore, ma non chissacché!
Autostima e arroganza
In questi tempi in cui si parla molto di autostima, di valore di sé, di autovalutazione questo tassello forse manca. Autostima e arroganza sono due cose molto diverse. Autostima è riconoscere il proprio valore come persona; arroganza credere che il proprio valore venga dal fatto di essere migliori di altri.
L’arroganza mi fa pensare di essere migliore di altri, mi porta ad ignorare o nascondere le mie imperfezioni e difetti, e mi autorizza subdolamente a trattare gli altri come inferiori, dal momento che io mi colloco in una posizione superiore. Non riconosco la mia normalità e quindi non tollero quella altrui. Devo sempre risultare vincitore in un duello quindi mi porgo verso gli altri come fossero avversari (se non nemici); devo corrispondere a un’idea che ho di me e quindi non sono libero di essere autentico; devo trovare le prove che sono migliore e quindi enfatizzo tutte le pecche dell’altro; devo continuare a fare paragoni e competere; devo concentrarmi sull’obiettivo anziché sul piacere di stare insieme o sulla condivisione.
L’autostima permette a me di sapere, nel profondo del mio essere, che ho un valore come persona, nonostante le mie imperfezioni, limiti e difetti di carattere. E di conseguenza mi permette di sapere lo stesso delle persone che ho intorno. Che hanno un valore, con tutte le loro imperfezioni e difetti così come pregi, e di conseguenza vanno trattate con lo stesso rispetto e attenzione che ho per me. Mi permette di sapere che ho qualcosa di buono da offrire e di fidarmi a ricevere quello che di buono gli altri hanno per me; di concentrarmi sullo scambio, sul benessere reciproco e sugli aspetti positivi che confermino il valore di entrambe le parti. Lo scopo delle mie azioni e interazioni non è limitato e finalizzato a quello che voglio ottenere, la conferma di essere migliore e speciale, ma sul rispetto del valore di tutte le persone coinvolte.
Una persona normale in mezzo ad altre persone normali. Ognuna speciale, ma nessuna più speciale delle altre.
E con il sollievo di sapere di essere piccoli, pronti per cose grandi.
Articolo scritto da Barbara Monti, leggi tutti i suoi articoli!