Vaccinazioni e animali: in Italia è argomento controverso
Cure Alternative
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Silia Marucelli, medico veterinario, ci spiega in questo articolo la situazione attuale delle vaccinazioni degli animali in Italia.
Silia Marucelli
Parliamo di vaccinazioni e animali.
Quando entra in studio un nuovo cliente e affrontiamo la questione del protocollo vaccinale, capita qualche volta che dopo aver ascoltato ciò che penso dei richiami troppo frequenti mi senta dire: “Certo, ci sono diverse scuole di pensiero” oppure ancora più spesso: “Dottoressa lei è veramente all’avanguardia!”.
In realtà mi fanno amaramente sorridere entrambe le reazioni.
La prima perché non esistono diverse scuole di pensiero su questo argomento. Esiste la ricerca ed esistono le linee guida, che già da anni indicano di ridurre i richiami sulla base delle ultime conoscenze (ultime si fa per dire poiché risalgono ormai a diversi anni fa). Non esistono invece pubblicazioni recenti che sostengano il richiamo annuale per le vaccinazioni raccomandate (cimurro, gastroenterite virale ed epatite).
La seconda reazione mi fa sorridere anche di più, perché non c’è poi tanta soddisfazione a distinguermi come la “dottoressa all’avanguardia” solo perché è antico e ormai superato l’approccio più comune intorno a me.
I richiami e le linee guida
Allora dove è il problema? Qual è l’argomento della discussione? Non si tratta più di scuole di pensiero ma di verità nascoste.
Le linee guida pubblicate nel 2011 dalla AAHA (American Animal Hospital Association), riprese nel 2015 dalla WSAVA (World Small Animal Veterinary Association), indicano di eseguire un richiamo ogni tre anni nei cani adulti e ogni 3-4 settimane nel cucciolo dai due mesi fino ai quattro. Per questo motivo il protocollo iniziale nel cucciolo comprenderebbe tre vaccini.
Il significato di queste ripetizioni non è come si pensa comunemente che il secondo e il terzo richiamo “rafforzano” il vaccino precedente. Esso nasce dalla consapevolezza che un cucciolo nei primi mesi di vita ha ancora gli anticorpi che la mamma gli ha trasmesso con il colostro e questi anticorpi impediscono al vaccino di funzionare. Sappiamo invece che la maggior parte dei cuccioli a quattro mesi non ha più anticorpi materni, e il vaccino è allora efficace.
Le linee guida sono state fatte con l’intento di soddisfare le necessità di tutti gli individui, compresa una minoranza di soggetti che mostrano una decadenza della copertura anticorpale poco dopo o in corrispondenza del terzo anno dopo il vaccino. Di fatto sappiamo bene che nella maggior parte dei casi essa dura più a lungo.
Ma se spostiamo la nostra attenzione al singolo, allora si aprono altre possibilità. Possiamo utilizzare i test anticorpali validati e sostenuti dai membri stessi della task force che si occupa dell’elaborazione delle linee guida. Vorrei sottolineare che si tratta di ricercatori universitari e indipendenti di fama mondiale, ritenuti il nostro punto di riferimento per quanto riguarda l’immunologia e la vaccinologia.
Eseguo i test anticorpali da più di dieci anni e dopo aver studiato i risultati di qualche centinaio di pazienti sono riuscita a raggiungere l’obbiettivo di vaccinare i cuccioli una sola volta. Per poter agire così è necessario eseguire il test anticorpale per valutare la presenza di anticorpi materni e vaccinare nel momento in cui questi risultino in quantità irrilevante.
Dopo di che si esegue un test successivo dopo un mese, per assicurarci che si siano formati anticorpi in quantità adeguata. Vorrei tranquillizzare riguardo alle spese che si devono sostenere, perché queste non superano i costi previsti dai comuni protocolli iniziali.
Questo approccio è molto importante perché evita di esporre il cucciolo, sistema biologico estremamente delicato, a invasioni farmacologiche aggressive.
Negli adulti, utilizzando i test anticorpali, mi capita raramente di ripetere il vaccino ogni tre anni. Nella maggior parte dei casi sono sufficienti due richiami nella vita di un paziente. In molti casi la copertura dura molto di più, anche tutta la vita.
Qualcuno si chiederà perché darsi tanta briga a fare uno o due prelievi quando si può risolvere facendo il vaccino e basta.
Ma cosa è un vaccino?
Siamo veramente giustificati a farlo anche se non è necessario?
Si tratta dunque di un prodotto così innocuo?
Il vaccino: cosa contiene
Il vaccino contiene l’agente infettivo nei confronti del quale si vuole che il sistema immunitario reagisca producendo anticorpi, ma perché funzioni è necessario aggiungere conservanti e stabilizzanti, sostanze tossiche che oltre ad avere un effetto dannoso diretto provocano una iperstimolazione del sistema immunitario, alterando il suo perfetto equilibrio. Il risultato di questa manipolazione può essere l’incapacità dello stesso a tornare alla condizione di equilibrio e l’instaurarsi così di malattie immunitarie.
All’inizio della mia attività professionale, non avendo approfondito i componenti che costituiscono i vaccini, somministravo dosi con leggerezza come se si trattasse di innocui prodotti. Poi ho cominciato a notare degli effetti a breve termine e con l’atteggiamento di chi non deve difendere a tutti i costi la sua pratica, ho cominciato a fare sempre più attenzione a ciò che accadeva ai miei pazienti. Dunque lo studio degli anticorpi non è nato solo per soddisfare una mia curiosità ma in seguito all’osservazione che molti pazienti dopo il vaccino manifestavano sintomi o malattie. Nella mia professione mi capita di vedere reazioni come malattie autoimmuni, epilessie, dermatiti allergiche, processi infiammatori come la cistite emorragica, virulentazione di alcuni virus vaccinali e altre patologie post vaccinali ampiamente descritte nelle linee guida stesse. Questi sono sintomi che emergono in genere entro un mese dall’inoculazione del vaccino. Altre patologie più difficili da correlare da un punto di vista temporale sono comunque degne di attenzione e studio.
Da qui la mia considerazione che meno dosi vaccinali facciamo, minori sono le occasioni di avere effetti collaterali. Un individuo può anche non manifestare reazioni avverse per anni e poi ammalarsi in seguito all’ennesimo richiamo vaccinale.
È inoltre importante fare una scelta consapevole del tipo di vaccino da utilizzare. Ad oggi sono molto diffusi i vaccini eptavalenti, che coprono nei confronti di ben sette malattie infettive.
La tendenza degli ultimi anni è stata quella di allestire vaccini sempre più ricchi di agenti infettivi.
Ma di questi vaccini solo tre sono raccomandati mentre gli altri, come la leptospirosi e la parainfluenza per esempio, sono considerati vaccini accessori, da utilizzare cioè solo nei soggetti a rischio.
Non c’è dunque nessuna logica nel trattare tutti gli individui nello stesso modo, senza cercare di personalizzare il protocollo vaccinale valutando per prima cosa lo stato di salute. Solo i soggetti perfettamente sani dovrebbero essere vaccinati.
Inoltre dovremmo capire che rischio reale corre quel particolare soggetto di venire a contatto con le diverse malattie. La diffusione non è la stessa in ogni luogo. Infine approfondire lo stato della copertura anticorpale con semplici test in modo da evitare inutili vaccini o eventualmente ripetere solo quelli necessari.