Masaru Emoto e il caso “La Memoria dell’Acqua”. Un ricordo su Jacques Benveniste
Nuove Scienze
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“Il mio incontro con Benveniste risale al mese di marzo 2003, durante il terzo simposio sull’acqua (Water Symposium), a Lucerna, città turistica svizzera che si affaccia sull’omonimo lago di Lucerna. Sono trascorsi ormai vent’anni da quando il professore, a seguito delle sue ricerche nel campo dell’omeopatia e del lavoro svolto in collaborazione con ricercatori e studiosi, aveva dichiarato nel numero 333 della rivista Nature che «l’acqua memorizza, ricorda, le informazioni». A cura della redazione della collana Scienza e Conoscenza
Redazione Web Macro
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Benveniste aveva pubblicato nel 1988 la sua opera scientifica. Se considerate che ancora ai giorni nostri una tale affermazione non viene pubblicata, potete ben immaginare a quel tempo lo scalpore che destò nella comunità scientifica. Quella tesi risultava allora inusuale e quell’affermazione venne contestata e screditata apertamente da molti scienziati. La reazione della comunità scientifica fu tale che Benveniste perse il suo posto di ricercatore presso l’Istituto Nazionale di Ricerca medico sanitaria di Parigi e fu talmente perseguitato che la situazione che si trovò ad affrontare fu davvero infelice.
Conobbi Benveniste in quell’occasione, a Lucerna, durante una cena sulla nave ed ebbi l’impressione che fosse felice di incontrarmi dopo quel lungo periodo di dieci anni per lui di rammarico e rincrescimento. Conduceva una vita modesta e a quell’epoca, in realtà, anch’io mi trovavo in difficoltà. L’incontro con lui fu per me uno stimolo, fu come vincere contro il nemico. Alla fine, ci stringemmo forte la mano a simbolo della nostra intesa contro una lunga battaglia.
In quell’incontro, ricordo, Benveniste mi aveva dato un consiglio prezioso: «Caro Emoto, mi disse, quando svolgi le tue ricerche sull’acqua, quando esponi i tuoi risultati, c’è qualcosa a cui devi prestare molta attenzione: non fare mai il nome di Dio!». Allora non capivo l’importanza di quell’affermazione, ma dopo cinque-sei anni sono arrivato a comprendere la ragione del suo consiglio.
I giorni che seguirono furono per il professore difficili da affrontare e posso dire non ebbe la fortuna dalla sua parte; non aveva nessun sostegno economico per le sue ricerche e, nonostante avesse chiesto la collaborazione a vari conoscenti al fine di ottenere dei fondi per continuare il suo lavoro, ottenne indifferenza e rifiuto.
Nell’autunno del 2004 fu ricoverato per controlli clinici in ospedale, ma venne a mancare dopo aver trascorso gli ultimi giorni della sua vita nel rammarico. Penso che avesse 69 anni.
In realtà la tesi di Benveniste avrebbe dovuto essere oggetto di candidatura al Nobel, ma le sue affermazioni non sono nemmeno state vagliate in termini di attendibilità, correttezza ecc. Il professor Benveniste fu incriminato da un gruppo di pseudo scienziati che sostenevano fosse inconcepibile l’acqua potesse memorizzare informazioni.
Io non sono uno scienziato e nella ricerca sull’acqua mi ritengo ancora neofita rispetto a tutto il lavoro del professore però, in questi vent’anni di approfondimento, solo di recente sono arrivato a comprendere le ragioni per cui il professore è stato censurato con l’accusa di illegalità. È nata così in me la voglia di lottare e impegnarmi per vendicare in qualche modo quel rammarico e quel dispiacere provati dal professore e, forte di questi obiettivi, ho iniziato la mia attività di conferenziere con il fine di diffondere il messaggio e di educare”.
Testo estratto dal libro La Scienza dell’invisibile, M. Citro e M. Emoto, Macro Edizioni.