Near Death Experience: ai confini della morte
Nuove Scienze
Nuove Scienze
Le Near Death Experience (NDE) sono conosciute in italiano con il nome di “esperienze di pre-morte” o “esperienze ai confini della morte”. La cosa sorprendente è che queste esperienze, provate da persone di qualsiasi sesso, di qualsiasi età e in qualsiasi parte del mondo, sono tutte simili. Al di là della religione professata, della cultura e del vissuto di ognuno. A cura di Annalisa Arrigo
Annalisa Arrigo
Possiamo stabilire dei punti cardine nel racconto di tutti coloro che hanno avuto la fortuna di tornare indietro e descrivere ciò che hanno visto e provato:
- uscita dal corpo fisico e localizzazione della propria coscienza sopra la posizione reale del proprio corpo;
- visione panoramica di ciò che accade nella stanza, con possibilità di ricordare anche nei particolari l’accaduto;
- impossibilità di comunicare con i presenti;
- sensazione di benessere e armonia;
- viaggio improvviso attraverso un tunnel o qualcosa di simile, con allontanamento dalla zona in cui giace il proprio corpo;
- entrata in un luogo ricco di luci e colori, con sensazioni di beatitudine, pace e amore;
- incontro con i propri congiunti già deceduti e/o con Entità Spirituali;
- riesame amorevole delle esperienze della propria vita, spesso aiutato dalle Entità Spirituali;
- ritorno spesso contro voglia nel proprio corpo fisico con la consapevolezza di non aver ancora concluso la propria esperienza terrena.
E a posteriori:
- nuovi modi di concepire la morte, senza più paura e angoscia;
- vita che viene arricchita da nuovi valori di amore e compassione, che si riflette spesso in attività sociali e benefiche.
Le esperienze di pre-morte sono studiate da anni da moltissimi ricercatori in tutto il mondo. Lo studio che ha destato più clamore è stato quello condotto nel 2001 dal dottor Pim Van Lommel pubblicato sulla più prestigiosa rivista di medicina: “The Lancet”.
Lo studio fu effettuato su 344 pazienti, durò 10 anni, e il suo scopo fu quello di capire se le attività superiori della mente fossero il mero prodotto dell’attività cerebrale o potessero esistere anche indipendentemente da un cervello funzionante. Risultò che il 18% dei suoi pazienti ricordava di aver vissuto delle esperienze di pre-morte durante lo stato di incoscienza totale, dopo l’arresto delle funzioni vitali.
La conclusione fu che i fenomeni riportati potevano essere spiegati solo ammettendo che la coscienza non è solo un derivato dell’attività cerebrale. Il nostro cervello è connesso con qualcosa di più grande e continua ad interagire con il Cosmo anche dopo che il nostro cuore ha smesso di battere. La tesi riduzionista “mente uguale cervello” cessava di esistere.
Ancora oggi, molti studi ed esperimenti portano a questo risultato.
Quale spiegazione possiamo dare a questi fenomeni? Com’è possibile che la nostra coscienza esista ancora dopo la morte?
Possiamo ragionevolmente supporre che accanto ad un “cervello biologico”, responsabile delle attività di base (sopravvivenza, riflessi, istinti, percezioni, ecc.), esista anche un “cervello elettromagnetico-quantistico”, sede delle attività superiori della mente: intuizione, ideazione superiore, pensiero creativo-critico, ecc.
I due cervelli – quello biologico e quello elettromagnetico-quantistico – comunicano tra di loro come un computer portatile comunica con il web.
Ecco un esempio chiaro di come funziona la nostra mente in chiave neuro-quantistica: il nostro cervello è come un computer portatile senza fili da cui scarichiamo, continuamente, dati da Internet e – al contempo – forniamo continuamente dati ad Internet. Se ci scolleghiamo dalla rete, perché il nostro computer si rompe o finisce la carica delle batterie (in biologia la morte), la rete continua ad esistere e il nostro indirizzo di posta elettronica anche. Siamo solo noi che non riusciamo più a collegarci (perché non abbiamo più funzioni vitali), ma tutto il web continua ad esistere, con tutti i suoi siti internet, gli indirizzi di posta elettronica e quant’altro. La nostra “identità elettromagnetico-quantistica” continua a vivere, anche se il nostro cervello muore.
Il nostro cervello biologico è solo l’hardware (la parte fisica), il computer di servizio che consente al cervello elettromagnetico-quantistico di usare il nostro corpo, rimanendo nel contempo sempre collegato al web cosmico.