Calmare il nervo vago: gli esercizi per potenziarlo
Salute e Benessere Naturali
Salute e Benessere Naturali
Il nervo vago è uno dei dodici nervi cranici, ma la sua particolarità, al contrario degli altri, è quella di diramarsi verso il basso piuttosto che salire dal collo alla testa. Di conseguenza la sua funzionalità determina anche quella degli organi che si trovano fra il collo e il torace, cuore compreso. Come parte del sistema nervoso autonomo, il nervo vago assume una importanza specifica per il nostro benessere completo: è grazie a lui se riusciamo a sperimentare una sensazione di benessere completo o invece reagiamo prontamente nelle situazioni di attacco o fuga che si innescano in una situazione di stress. Oltre a ciò, il nervo vago ci mette in grado di stringere relazioni personali profonde con gli altri e con l'ambiente che ci circonda. Ecco perché evitare che possa andare incontro a infiammazione o ad altri tipi di disturbi, non è importante solo per non sentire tensioni a livello fisico, ma anche per la completa omeostasi. Della sua importanza e di come poterlo calmare quando è infiammato e potenziarlo ci parla Stanley Rosenberg nel suo libro NERVO VAGO - LA MIA FORZA DI AUTOGUARIGIONE.
Romina Rossi
Il nervo vago: il nervo del benessere fisico ed emotivo
I nervi cranici sono formati da 12 coppie di nervi (ordinati con un numero romano da I a XII), che hanno origine nell'encefalo; ne fanno parte il nervo olfattivo, ottico, trocleare, facciale, glossofaringeo e vago. Svolgono diverse funzioni e una loro lesione può avere conseguenze che si ripercuotono su vista, udito e altre funzioni metaboliche.
Fra questi il nervo vago è quello che è forse più particolari di tutti, a partire dal nome: in latino vagus significa “vagabondo” proprio perché è particolarmente lungo e ha molti “rami” o diramazioni, per cui sembra che vaghi per il corpo, partendo dal tronco encefalico e arrivando al torace e all'addome, dove regola molti degli organi interni.
Si legge nel libro di Rosenberg: “Esso innerva i muscoli della gola (faringe e laringe) e gli organi della respirazione (polmoni), della circolazione (cuore), della digestione (stomaco, fegato, pancreas, duodeno, intestino tenue e le sezioni ascendente e trasversa dell’intestino crasso) e dell’escrezione (reni) […]
Il nervo vago aiuta a regolare una vasta gamma di funzioni corporee necessarie a mantenere l’omeostasi. Mentre la catena del simpatico si estende dai nervi spinali e sostiene lo stato di stress e mobilizzazione ai fini della sopravvivenza, vari nervi cranici sostengono gli stati di non-stress.
Una delle funzioni principali dei nervi cranici consiste nel facilitare il riposo e la reintegrazione. Inoltre, essi attivano il senso della vista, dell’olfatto, del gusto e dell’udito, così come anche la percezione del tatto sulla pelle del viso. Nei mammiferi, alcuni nervi cranici agiscono insieme per agevolare e incentivare il comportamento sociale”.
Questi nervi hanno funzioni differenti e fra i più svariati, dalla deglutizione, alla possibilità di ruotare gli occhi, all'olfatto, alla masticazione: tutti insieme ci permettono di svolgere i compiti più semplici e naturali ai quali non pensiamo mai. E ci sostengono nella ricerca di cibo, grazie alla vista, all’olfatto, alla deglutizione e così via.
Il vago ha anche altre funzioni:
- innerva e controlla l'esofago e la maggior parte dei muscoli faringei,
- regola il cuore e i bronchi,
- regola la funzione dello stomaco, delle ghiandole digestive e degli organi quali fegato e vescica,
- controlla il movimento del cibo nell'intestino (tranne che nel colon discendente),
- è deputato alla secrezione degli enzimi epatici e agli scambi gassosi nei polmoni.
È facile dunque capire che partecipa a tutte le funzioni vitali.
Quando il nervo non è in equilibrio
“Quando il ramo ventrale del nervo vago e i quattro nervi cranici associati funzionano nel modo corretto, gli esseri umani e gli altri mammiferi sperimentano l’auspicabile stato di coinvolgimento sociale. Per essere 'socialmente coinvolti' dobbiamo sentirci al sicuro, senza dover superare o evitare qualsiasi minaccia esterna combattendo o fuggendo; oltre a ciò, dobbiamo essere fisicamente in salute.
Quando siamo in questo stato non abbiamo bisogno di fare alcunché né di cambiare qualcosa, e possiamo permetterci di rimanere immobili senza paura (rilassati). Possiamo mantenere un atteggiamento attivo e vivace senza collassare né, al contrario, sentirci sovraeccitati” si legge nel libro.
Il nervo vago ha infatti acquistato importanza crescente anche in ambito psico-emotivo, in seguito alla teoria polivagale messa a punto dal neuropsicologo Stephen Porges, secondo la quale, durante una situazione traumatica, il nostro comportamento è influenzato dal sistema nervoso autonomo, che prende parte alle strategie da mettere in atto per difenderci dall'evento traumatico o dal pericolo imminente. Il sistema nervoso autonomo ricerca la nostra sicurezza, e per farlo può decidere di attuare diversi sistemi di difesa. Ed è qui che entra in gioco il nervo vago, dato che prende parte al circuito:
- DORSO-VAGALE, che si attiva in situazione di pericolo. Siamo nella fase di attacco o fuga, per cui il nervo vago causa bradicardia e regola gli organi del diaframma. Pensate a quando vi siete trovati in una situazione di pericolo, la reazione è sempre la stessa: ci immobilizziamo, il battito del cuore accelera, il cuore si contrae maggiormente e aumenta anche la frequenza respiratoria, perché dobbiamo essere pronti ad agire in fretta.
- VENTRO-VAGALE, che ha invece effetto calmante e si attiva per tenerci rilassati e calmi.
L'attivazione di questi circuiti dipende dalla situazione che stiamo vivendo: se ci troviamo in una situazione di pericolo e di stress (che l'organismo traduce come pericolo) si attiva il circuito dorso-vagale, mentre in una situazione di relax, senza pericoli si attiva il secondo.In quest'ultimo caso, il nervo vagale contribuisce al nostro coinvolgimento sociale, che viene tralasciato in una situazione di pericolo, quando l'organismo deve scegliere la migliore strategia di difesa, fra attacco o fuga.
Le persone che sperimentano traumi reiterati o vivono in condizione di pericolo e di stress, attivano più frequentemente il circuito dorso-vagale, a discapito di quello ventro-vagale: in questo modo è più facile che si possano manifestare sensazioni legate ad ansia, paura e depressione, oltre a minare il coinvolgimento sociale e i rapporti interpersonali.
Per questo motivo è importante mantenere il nervo vagale nel suo stato ottimale: a questo scopo Stanley Rosenberg ha ideato degli esercizi per calmarlo e per stimolare il rilascio neurofasciale, una tecnica craniosacrale che permette di allentare le tensioni in questo muscolo e negli altri cranici, così da migliorare anche il nostro coinvolgimento sociale.
Gli esercizi per rilassare il nervo vago
Ecco gli esercizi di auto aiuto che aiutano a distendere il nervo vago.
1. Esercizio base
L'obiettivo di questo esercizio è potenziare il coinvolgimento sociale. L'esercizio permette di riposizionare l’atlante (C1, la prima vertebra cervicale, nel collo) e l’epistrofeo o asse (C2), oltre ad aumentare la mobilità del collo e di tutta la colonna vertebrale. Inoltre verrà incrementato l’apporto di sangue al tronco encefalico, dove hanno origine i cinque nervi cranici necessari al coinvolgimento sociale, con un effetto positivo sul ramo ventrale del nervo vago (NC X) e sui nervi cranici V, VII, IX e XI.
Prima e dopo aver eseguito l’esercizio base, valutate se la testa e il collo hanno una relativa libertà di movimento. Ruotate la testa a destra fino a dove potete, senza forzare. Riportatela al centro, attendete un attimo, quindi ruotatela a sinistra. Quanto riuscite a ruotarla su ciascun lato? Avvertite rigidità o dolore?
Dopo aver eseguito l'esercizio, ripetete questi stessi movimenti. C’è un miglioramento nella libertà di movimento? La maggior parte delle persone che ho trattato rimane sorpresa nel notare un miglioramento nella gamma di movimenti quando ruota la testa a destra e a sinistra.
Un miglior movimento del collo spesso accompagna un incremento della circolazione sanguigna nel tronco encefalico, il che a propria volta incrementerà l'efficienza del ramo ventrovagale. Ripetete l’esercizio (su di voi o sul vostro paziente) al bisogno. Per eseguire l'esercizio, le prime volte è meglio che vi sdraiate sulla schiena. Una volta acquisita familiarità potrete sedervi su una sedia oppure rimanere in piedi o distesi.
- Stendetevi comodamente sulla schiena, e intrecciate le dita delle mani.
- Portate le mani dietro la testa, appoggiando comodamente il peso di quest’ultima sulle dita intrecciate. Dovreste avvertire con le dita la durezza del cranio, e anche le ossa delle vostre dita a contatto con la testa. Se avete una spalla contratta e non riuscite a portare entrambe le mani alla testa, sarà sufficiente utilizzare una sola mano, tenendo le dita e il palmo a contatto con ambedue i lati della testa stessa.
- Mantenendo ferma la testa, guardate verso destra, muovendo solo gli occhi e spingendo lo sguardo fin dove potete senza forzare. Non voltate la testa; muovete soltanto gli occhi. Continuate a guardare a destra.
- Dopo un breve lasso di tempo – 30 o 60 secondi – potreste deglutire, sbadigliare o emettere un sospiro. Questo è segno di rilassamento nel sistema nervoso autonomo (una normale inspirazione è seguita da un’espirazione, ma un sospiro è diverso: dopo aver inspirato, seguirà una seconda inspirazione che si inserisce su quella precedente, prima dell’espirazione).
- Riportate lo sguardo al centro, guardando dritto davanti a voi.
- Lasciate le mani nella stessa posizione, e tenete ferma la testa. Questa volta muovete gli occhi verso sinistra.
- Mantenete gli occhi in questa posizione fino a quando vi verrà voglia di sospirare, sbadigliare o deglutire. Adesso che avete completato l’esercizio base, sciogliete le mani dalla posizione, quindi sedetevi o alzatevi in piedi. Fate una valutazione di ciò che avete sperimentato. Si è verificato qualche miglioramento nella mobilità del vostro collo? La respirazione è cambiata? Notate qualcos’altro?
NOTA: se nel sedervi o alzarvi avete un capogiro, probabilmente è perché quando eravate distesi vi siete rilassati, e la vostra pressione sanguigna si è abbassata. Si tratta di una reazione normale. Di solito ci vogliono uno o due minuti prima che la pressione si riassesti e pompi più sangue al cervello.
2. Tecnica di rilascio neurofasciale con due mani
Una volta che avrete fatto pratica con una mano, potete utilizzare entrambe le mani.
- Appoggiate un dito di una mano sull’occipite, a un lato della base del cranio. Testate la capacità di scivolamento della cute al di sopra dell’osso. La pelle dovrebbe scorrere sopra l’osso più facilmente in una direzione rispetto all’altra.
- Appoggiate un dito dell’altra mano sulla parte alta del collo, dallo stesso lato. Spingendo un poco più in profondità dovreste riuscire a percepire i muscoli al tatto. Usate questo dito per testare la capacità di scivolamento della pelle al di sopra dei muscoli della parte alta del collo. Qui la pelle dovrebbe scorrere o scivolare più agevolmente nella direzione opposta alla direzione in cui l’altro dito sta facendo scivolare la pelle sopra l’osso del cranio.
- Dopo aver eseguito il test, alleggerite la pressione. Lasciate che le dita delle due mani facciano scorrere la pelle nelle direzioni opposte finché non avvertirete una resistenza.
- Fermatevi nel punto in cui avvertite resistenza, e mantenete quella leggera tensione; aspettate fino a quando sentirete la persona sospirare o deglutire.
- Liberate le dita, e lasciate che la pelle torni alla sua posizione originaria.
- Ripetete la procedura sulla cute del lato opposto di cranio e collo. Quando eseguirete nuovamente il test per l’efficienza vagale dovreste rilevare che il nervo funziona correttamente. Inoltre, ruotando la testa a destra e a sinistra dovrebbe esserci una maggiore libertà di movimento.
Applicazione corretta della tecnica di rilascio neurofasciale
Affinché la tecnica di rilascio neurofasciale abbia successo è fondamentale riuscire a far scorrere o “scivolare” la cute e fermarsi al primo segnale di resistenza. Utilizzate le punte delle dita per rimanere a contatto con le cute applicando il tocco più leggero che possiate immaginare. Quindi fate scivolare di pochissimo la cute al di sopra degli strati sottostanti di muscoli, ossa e tendini. Questa tecnica differisce dalle tecniche utilizzate in altre forme di massaggio, che hanno come principale obiettivo il muscolo e quindi applicano una pressione profonda sul corpo.
Questa tecnica manuale distende il tessuto connettivo lasso immediatamente sotto la pelle. Il tessuto connettivo lasso è ricco di terminazioni nervose propriocettive; facendo delicatamente scivolare la pelle di pochissimo sopra muscoli e ossa, nel tessuto viene a crearsi una leggera trazione che è sufficiente a stimolare questi nervi.
La cute viene fatta scorrere a una distanza molto ravvicinata finché non si percepisce il primo segnale di resistenza; e, dato che state agendo direttamente sui nervi propriocettivi, non avrete bisogno di utilizzare la forza richiesta dalla maggior parte delle forme di massaggio, che si concentrano sui muscoli. Se applicate una forza non necessaria e continuate a spingere dopo il primo segnale di resistenza, oppure se fate scivolare la pelle troppo rapidamente, muscoli e legamenti si contrarranno. Così facendo non potete causare alcun danno, ma il rilascio richiederà più tempo.
Nel peggiore dei casi non otterrete i cambiamenti desiderati. A volte potreste accorgervi di premere così lievemente che l’altra persona dirà di non sentire nulla. Questo è un ottimo feedback! Man mano che procedete con il trattamento noterete tangibili miglioramenti nella capacità di “scivolamento” della pelle.
APPROFONDISCI CON LA LETTURA
[PRODOTTO_PH_11327]