Sclerosi multipla: protezione dell’ambiente o genetica?
Salute e Benessere Naturali
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In medicina, per cercare di comprendere una malattia si guarda all'epidemiologia. Questa è una disciplina nella quale si tenta di stabilire una relazione tra parametri ambientali e malattia. Per esempio, quando è stato scoperto lo scorbuto (carenza di vitamina C che dà origine alla perdita dei denti e al sanguinamento delle gengive), si è inizialmente constatato che questa affezione riguardava solo i marinai e unicamente coloro che si imbarcavano per parecchie settimane. A poco a poco, si giunse a capire che i marinai che restavano molto tempo in mare non mangiavano abbastanza cibi freschi, fonti di vitamina C.
Valerio Pignatta
Una malattia che colpisce più le donne
Nel caso della sclerosi multipla, la malattia presenta qualche caratteristica interessante: per il 70% dei casi essa viene dichiarata in persone di età compresa tra i 25 e i 30 anni, e colpisce quasi due volte di più le donne che gli uomini. Ma particolarmente intrigante è la sua distribuzione geografica: mentre colpisce 80 persone su 100.000 in Francia, non ne colpisce più di 3 su 100.000 in Asia! Peraltro, estremamente rara in Africa e nelle aree vicino all'equatore, la malattia è sempre più frequente a mano a mano che ci si avvicina ai poli. Questa distribuzione è molto insolita per una malattia autoimmune: la sclerosi multipla è anche fino a 400 volte più frequente in Canada che non in Africa! Per rendere le cose ancora più complesse, esistono anche popolazioni del mondo tra le quali la sclerosi multipla è completamente assente: gli Inuit tradizionali, gli Aborigeni d'Australia, i Kitavan della Papua Nuova Guinea o gli jacuti della Siberia. Come spiegare una tale diversità di casi? Inizialmente i ricercatori hanno pensato subito a qualcosa di semplice: e se ci fossero semplicemente differenze genetiche protettrici o sensibilizzanti tra i diversi paesi e popolazioni?
Una diffusione a secondo delle aree geografiche
Questa spiegazione è rimasta in auge per alcuni anni prima di essere spazzata via dal notevole lavoro della dottoressa Catharine Gale, ricercatrice all'Università di Southampton (Inghilterra). Nel 1994, Gale presentò sulla rivista medica di neurologia Progress in Neurobiology una ricerca in cui dimostrava che se si mettono sotto osservazione dei nativi dei Caraibi o asiatici (che quindi sono soggetti a un rischio debole di sclerosi multipla) che sono emigrati in Inghilterra (dove il rischio è più elevato), si può vedere che il loro rischio di sclerosi multipla non cambia. Al contrario, se vengono seguiti cittadini inglesi (che hanno quindi inizialmente un rischio elevato di contrarre la malattia) che sono andati a vivere in Asia o ai Caraibi, possiamo constatare che il loro rischio diminuisce! Catherine Gale dimostra nel suo studio che questi risultati sono riproducibili in tutti i paesi del mondo, a condizione che vi siano informazioni sufficienti sulle diverse migrazioni. Per aumentare la complessità, lo studio mostra ugualmente che se si osservano nel tempo i bambini dei migranti caraibici o asiatici nati in Inghilterra, questi ultimi, a loro volta, corrono lo stesso rischio di sviluppare la sclerosi multipla dei bambini inglesi nati in Inghilterra...
Una protezione non genetica
Infine, la ricerca comprova che la protezione di cui possono godere i genitori esiste anche quando possiedono i fattori genetici che predispongono alla malattia. Tutto avviene come se il luogo di nascita presidiasse alla salute del bambino. Nel caso dei genitori emigrati, fornisce loro una sorta di “protezione” per tutta la vita. Nel caso dei figli di immigrati, questa protezione svanisce. L'unica certezza che abbiamo è che questa protezione non è genetica!