Vitamina C: tanti effetti positivi sia per prevenire che curare. Intervista a Stefano Pravato
Salute e Benessere Naturali
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Sulla vitamina C e sulle sue proprietà terapeutiche si può leggere di tutto e il suo contrario. Tra chi ne prende le difese fino ad avvalorarla come un fondamentale strumento per la prevenzione e per il mantenimento di un buon stato di salute c’è anche Stefano Pravato che su questo argomento ha speso anni e anni di studi e su cui esercita un costante aggiornamento. Ecco cosa ci ha risposto con riferimento anche al rapporto tra uso della Vitamina C e l’influenza da Coronavirus-19
Redazione Web Macro
Esistono delle malattie per cui la vitamina C ha più effetti positivi oppure ha gli stessi effetti in qualsiasi situazione patologica? È davvero una panacea come sostengono molti?
L’ossigeno è una panacea? Certamente non guarisce tutto, e deve essere assunto in proporzioni adeguate, e, senza, non andiamo molto lontano. L’analogia tra vitamina C e ossigeno dovrebbe guidarci perché sembra che per l’ossigeno sia stato facile acquisire lo status di sostanza vitale ma non per questo miracolosa. Uno status oggettivo che la vitamina C fatica ad assumere, posto che ancora ci sono medici o scienziati che dicono “io credo” nella vitamina C, come se dire “io credo” all’ossigeno avesse qualche senso. La molecola di ossigeno ha due atomi, quella della vitamina C ne ha venti, è più complessa, ma sempre una molecola è. Quindi sfatiamo un mito: no, la vitamina C non è una panacea perché in fisica e in biologia non vi è nulla di magico. Certamente è una molecola necessaria e adempie molteplici funzioni. Ha certi campi di applicazione privilegiati come alcune controindicazioni. Il suo clamoroso successo nel debellare lo scorbuto l’ha purtroppo confinata nell’ambito nutrizionista per tanti anni e la sua azione farmacologica non è stata ancora indagata appieno come avrebbe potuto essere.
Gli effetti positivi sono, per così dire, “maggiori” laddove la vitamina C venga impiegata per malattie anche non rilevanti ma molto diffuse o per malattie meno diffuse ma molto serie. Le malattie cardiovascolari, molto diffuse e di impatto vitale, si pongono pertanto automaticamente nei primi posti di un’ipotetica classifica delle patologie per le quali la vitamina C – non da sola – sia di aiuto. D’altra parte, dal punto di vista commerciale, probabilmente, l’impiego cosmetico è predominante. E c’è comunque un nesso: la sintesi del collagene, operazione in corso a ciclo continuo, garantisce quanto necessario anche all’integrità dei vasi sanguigni e del muscolo cardiaco. Non a caso i segni clinici iniziali di uno scorbuto conclamato riportano la rottura di vasi sanguigni. E non si tratta di un’azione statica: basti pensare all’elasticità richiesta alle arterie per sopportare il ritmico pulsare del cuore e compensare elasticamente le variazioni del flusso sanguigno. Si comprende quindi che uno dei principali effetti positivi della vitamina C può benissimo riguardare la salute del sistema cardio circolatorio.
Biologicamente si potrebbe fare a meno della vitamina C? Quali sono le conseguenze della sua carenza visto che l'organismo umano da solo non la produce?
La carenza assoluta di vitamina C porterebbe alla morte certa in un tempo che varia da poche decine di giorni a circa due/tre mesi, a seconda della variabilità biologica individuale. Morti di questo tipo purtroppo sono capitate in sorte ai marinai per quasi tre secoli, quando stavano in mare aperto abbastanza a lungo e con scorte di viveri che non prevedevano sufficienti quantità di vitamina C. In questo lungo periodo alcuni navigatori intuirono il nesso alimentare e cercarono di diffondere alcune semplici contromisure quali mangiare anche arance e limoni, ma prima che la cosa diventasse uso comune si stima che perirono quasi due milioni di marinai in tutto il mondo.
Al giorno d’oggi lo scorbuto clinico conclamato si riscontra molto, molto raramente e si cura rapidamente. Basta un’alimentazione in qualche modo variegata per supplire la quantità minima di vitamina C necessaria. Osservato da vicino, lo scorbuto è più di una vera e propria malattia a sé stante. È un insieme di sintomi e affezioni diverse, tutte riconducibili alla stessa carenza. Nel corso dell’evoluzione il corpo ha sviluppato meccanismi per fare triage dei nutrienti presenti e per la vitamina C alcuni organi importanti – ad esempio cervello, occhi – hanno garantito fino all’ultimo il minimo apporto disponibile. Ciò, tra l’altro, provocò qualche difficoltà interpretativa. Infatti le autopsie di morti di scorbuto trovavano il cervello con quantità di vitamina C comparabili a quelle da vivi, per cui la prima deduzione che si fece fu che al cervello la vitamina C non servisse. La verità, più tardi, si rivelò diametralmente opposta. Non per nulla si sono evoluti dei trasportatori molecolari che permettono il trasporto della vitamina C in senso inverso a quello della semplice diffusione in base alla concentrazione
Fin da subito, dai tempi della scoperta della Vitamina C, ci si interrogò sulle quantità. Quanta ne serve per scongiurare lo scorbuto? Basta quella minima dose o possiamo trarne giovamento assumendone di più? E quanta di più? Lo stesso scopritore – Albert Szent-Györgyi – disse che la quantità ottimale era da intendersi ben superiore a quella necessaria per scongiurare lo scorbuto conclamato. Per farla breve, fino a tempi molto recenti, il criterio per determinarne la quantità ottimale, trattandosi di una vitamina idrosolubile, consisteva nello stabilire quale quantità assunta provocasse le prime tracce nell’urina. Con ciò si originò la credenza per cui la quantità eccedente i 100-200mg/die serviva solo a fare urina costosa. Il modello del flusso continuo, formulato esplicitamente e compiutamente da Hickey e Roberts nel 2004, ha chiarito che il corpo si giova idealmente di un flusso ininterrotto e abbondante di vitamina C, come ai tempi ancestrali della nostra sintesi interna. In breve, prendere solo 200mg al giorno, equivale, forzando un po’ l’analogia, a fare un solo unico respiro alla mattina che tanto basta per tutta la giornata. Potrebbe avere senso, ma c’è di meglio.
Perché non si può morire di un eccesso di integrazione di vitamina C? Ci sono però effetti indesiderati in taluni casi?
La vitamina C è idrosolubile, per cui un eccesso di vitamina C viene accumulato nel retto, dove attira acqua e rapidamente espulso. Questo effetto è autolimitante e rende la vitamina C una sostanza assolutamente sicura per l’integrazione. A titolo di esempio, citiamo un farmaco, Plenvu, che si assume a casa per la pulizia del colon prima di una colonscopia. Si assumono due beveroni. Il secondo beverone contiene: “Sodio ascorbato 48,11 g Acido ascorbico 7,54 g”. In altre parole, 50 gr di vitamina C vengono reputati sufficienti, tutti in una volta, a provocare una diarrea liberatoria. Si tratta di una piccola ma sicura controprova del profilo di alta sicurezza della vitamina C, al punto da sfruttare l’effetto autolimitante per una purga sicura… in tutti i sensi. Una condizione particolare, il favismo, dovrebbe indurre chi ce l’ha ad usare cautela e a consultarsi col proprio medico anche per una integrazione orale. Anche altre malattie del sangue, quali la talassemia, devono indurre cautela nell’approcciare integratori. In tal proposito, anche se ai più sembrasse ovvio, sarà comunque bene ribadire che in presenza di malattie note introdurre una cura fai-da-te basandosi sulle proprie conoscenze è sconsigliabile, mentre è invece auspicabile il dialogo con un proprio medico di fiducia. Intraprendere un’integrazione regolare con vitamina C per persone che non abbiano pregressi problemi di salute non comporta quasi nessun problema. Specie se si comincia con quantità veramente piccole e aumentando piano piano, di settimana in settimana, procedura che consiglio. I problemi sorgono, per lo più, quando si parte in quarta, con dosi multigrammo giornaliere. In quel caso, fermatevi. Lasciate passare qualche giorno e ripartite piano piano. Ho scritto un libro apposta con indicazioni precise proprio su questo.
Nella nuova edizione del suo libro ha aggiunto una nuova parte in cui parla della relazione terapeutica tra vitamina C e COVID-19. Di cosa si tratta?
Patrick Holford nel suo Stop ai virus e al Covid-19 afferma che, salvo le eccezioni sopra citate, praticamente non esista patologia che non possa giovarsi della vitamina C. L’affermazione non sembri roboante: la vitamina C è coinvolta in talmente tanti processi che è come asserire che non esista patologia che non possa giovarsi del respiro: difficile eccepire qualcosa. Entrando nello specifico, però, la vitamina C vanta una serie impressionante e ineguagliata di successi nella guarigione di malattie infettive e virali per le quali rimando al volume appositamente scritto dal Dr. Levy, Vitamina C - La via naturale della guarigione. Per liberarti da malattie infettive e tossine, Macro Edizioni. Un caso molto interessante, a mio avviso, è il caso dell’HIV, anche se, attenzione, non si tratta di un successo pieno. La somministrazione endovenosa in questo caso infatti non ha rimosso l’infezione, non è riuscita cioè ad inattivare il virus, ma ha comunque consentito ai malati di limitare i danni provocati, consentendo di condurre una vita pressoché normale. Si pensa che il virus si annidi in cellule non raggiungibili dalla vitamina C che, ricordiamo, è soltanto idrosolubile.
Ecco, fino a che non saranno effettuati studi specifici e affidabili sulla capacità della vitamina C per l’inattivazione del virus Sars-cov2, possiamo certamente pensare che possa agire allo stesso modo, attenuando gli effetti indotti dal virus, riconducibili in ultima istanza, a livello molecolare, a squilibri elettronici. In questo senso i risultati positivi ci sono già. Alcune sperimentazioni in Cina ci sono state. Purtroppo (per fortuna) la caduta della curva epidemica ha impedito di arruolare un numero di malati che fornisse l’affidabilità statistica necessaria. Quindi per il momento ci si deve accontentare di registrare le indicazioni positive ottenute e nessuna controindicazione. In linea con i risultati incoraggianti delle sperimentazioni svolte da medici anche italiani che hanno utilizzato off-label la vitamina C endovena come supporto terapeutico. Nel contesto Covid-19 il boicottaggio, non saprei come altro chiamarlo, per le terapie a poco costo purtroppo continua e la vitamina C stavolta è in buona compagnia. Aggiungiamo che non solo nessun integratore è mai stato suggerito dall’OMS o da qualsiasi autorità medica come pratica preventiva per aiutare il sistema immunitario al fine di ridurre le probabilità di ammalarsi, ma addirittura ci si è spinti a dire gli integratori non servono proprio. Ora, ammettiamo che trattandosi di un virus nuovo non possono esistere studi che stabiliscono che la vitamina C o vitamina D, per esempio, siano una misura profilattica adeguata. Ma proprio perché si tratta di una malattia infettiva che le vitamine C e D hanno dato prova in passato di aiutare a prevenire, e senza mai nessun effetto collaterale, non uno, perché non provarci nemmeno? Veniamo esposti a un virus nuovo e dobbiamo evitare di usare i pochi strumenti efficaci, a poco costo, disponibili a tutti e senza danni collaterali che si sono rivelati sempre utili le volte precedenti? Dove sta la logica di questo discorso? Questi burocrati dell’ISS che hanno redatto il rapporto aggiornato a maggio 2020 vivono in mezzo a noi o dove? Stanno facendo gli interessi dei cittadini o il loro burocratese para-scientifico sta semplicemente difendendo le rendite dei gruppi farmaceutici che rappresentano o che gli hanno pagato le borse di studio o che gli offriranno il posto di lavoro da qui a poco?
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