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Progresso, crescita, rifiuti: i paradossi del tempo lineare

Autosufficienza, Autoproduzione e Vita Naturale

Progresso, crescita, rifiuti: i paradossi del tempo lineare

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Progresso, crescita, rifiuti: i paradossi del tempo lineare

Andrea Degl’Innocenti di Italia che Cambia e autore del libro Islanda Chiama Italia ci parla del collegamento tra il sistema di produzione e gestione dei rifiuti, il paradigma della crescita economica infinita, la fede nel progresso.


Italia Che Cambia

Cosa hanno in comune il sistema di produzione e gestione dei rifiuti, il paradigma della crescita economica infinita, la fede nel progresso? La caratteristica che più delle altre accomuna questi tre schemi di pensiero (e tante altre stramberie dei nostri giorni) è la linearità. Essi sono basati su una logica lineare in cui le cause e gli effetti riposano in maniera ordinata gli uni dopo le altre. In cui si analizzano i passaggi all’interno di un segmento limitato di spazio/tempo senza occuparsi né del prima né del dopo.

Il problema è che se questa logica lineare sembra soddisfare appieno la nostra mente, essa fallisce miseramente quando viene applicata ai sistemi complessi che ci circondano, come, ad esempio, una società o un ecosistema.

 

I rifiuti 

Pensiamo ai rifiuti: continuiamo a sottrarre risorse al pianeta, trasformarle e gettarle via a ritmi sempre maggiori senza preoccuparci del prima e del dopo. Questo meccanismo di economia lineare crea da un lato un consumo di materie prime molto superiore alla capacità rigenerativa del Pianeta, dall’altro un accumulo di materiale indistinto e inutilizzabile, difficile da smaltire.

In un ecosistema che funziona i rifiuti non esistono: gli scarti di un soggetto diventano materia prima e nutrimento di un altro soggetto. Gli escrementi, ovvero i rifiuti del nostro corpo (come quelli di tutti gli animali), diventano nutrimento per le piante. L’ossigeno, il “rifiuto” delle piante nel processo di fotosintesi clorofilliana, diventa un elemento indispensabile per la vita animale.

E così via.

 

La concezione lineare e il progresso

Ma da dove deriva questa concezione lineare? Quali sono le sue origini? Una traccia che possiamo seguire ha a che fare con la concezione del tempo e della storia. La storia è un oggetto oltremodo complesso, una melma dalla quale ci sforziamo di far emergere dei cordoni di significato, che inevitabilmente siamo chiamati a costruire nel momento stesso in cui ci poniamo lo scopo di osservarli. All'idea stessa di storia, nel corso dei secoli, sono state associate varie immagini.

Nell'antichità la storia aveva un andamento ciclico, conferitogli dai movimenti rotatori caratteristici della natura. Essa altro non era che il continuo ripetersi dei giorni, delle stagioni, delle ere geologiche. All'interno di questi cerchi concentrici si inseriva, unico tratto lineare, la vita umana. “Questo è l’essere mortale – scrive Hannah Arendt nello spiegare il concetto di storia nell'antichità greca –: muoversi in linea retta in un universo dove tutto ciò che si muove segue, semmai, un moto ciclico”.

È stato il cristianesimo a conferire per la prima volta alla storia un andamento lineare. Ecco apparire un termine destinato ad accompagnare l'umanità per un lungo periodo: progresso. L'idea di progresso rompe il cerchio naturale della storia. L'umanità – in verità una sua parte – sale su un treno salvifico che muove verso luoghi sempre migliori, di cui si conosce solo la partenza, mentre l'arrivo è situato all'infinito. A ben vedere, il concetto di storia lineare può essere letto anche come un progressivo affrancamento dell'uomo dalle leggi naturali.

Questo affrancamento, iniziato con la rottura simbolica del legame fra idea di storia e ciclicità naturale, ha trovato compimento secoli dopo nei concetti di sviluppo tecnologico e di crescita economica. Lo sviluppo ha rotto le catene che legavano l'uomo ai ritmi della natura, alle stagioni, ai raccolti; il teorema della crescita economica, assieme col suo principale corollario, il consumismo, ha spezzato il ciclo di rigenerazione della materia e introdotto al suo posto un meccanismo lineare, che inizia con l'estrazione della materia e finisce con la creazione di rifiuto (concetto, questo, del tutto inedito).

 

Il lato oscuro della tecnica

Oggi però anche questa concezione lineare della storia è entrata in crisi. Dal punto di vista filosofico, la fede nel progresso ha subito un duro colpo nella prima metà del secolo scorso. Le due guerre mondiali hanno svelato di colpo al mondo intero il lato oscuro della tecnica.

Così se negli anni fra le due guerre ancora Marinetti gridava “Abbiate fiducia nel progresso, che ha sempre ragione, anche quando ha torto, perché è il movimento, la vita, la lotta, la speranza”, qualche anno dopo Elias Canetti commentava laconico “Il progresso ha i suoi svantaggi; di tanto in tanto esplode”.

Il treno su cui siamo saliti secoli fa, e che pensavamo ci avrebbe condotti sempre più veloce verso un futuro radioso, ha perso la rotta. Le linee dritte dei binari sono sempre meno marcate, all'orizzonte si scorgono nubi sempre più nere. L'emergenza climatico-ambientale ci dice che uno stile di vita planetario basato sul consumo è insostenibile. L'unico concetto riconducibile alla linearità storica che aveva resistito fino ad oggi, quello di crescita economica, vacilla adesso di fronte ad una crisi che ne mette a nudo tutte le debolezze e le contraddizioni.

Che fare dunque? Sicuramente abituarci a ragionare in maniera sistemica è un buon esercizio. Capire che i sistemi con cui ci relazioniamo ogni giorno non sposano la nostra logica lineare ma continuano a funzionare secondo le loro dinamiche sistemiche complesse e controintuitive. Per chi volesse approfondire il mondo affascinante del pensiero sistemico, il testo migliore è in inglese, si chiama “Thinking in systems” di Donella Meadows.

Per quanto riguarda rifiuti, crescita e sviluppo, c’è un intero sistema da reinventare e trasformare. Pensando ad oggi, ma con una prospettiva chiara di come vorremmo che fosse il domani.

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Articolo scritto da Andrea Degl’Innocenti di Italia che Cambia e autore del libro Islanda Chiama Italia - Storia di un paese che è uscito dalla crisi rifiutando il debito.


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