Insegnare yoga: una conversazione con Donna Farhi
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Pratica yoga da quasi quarant’anni, lo insegna da trentatre, ha collaborato con le riviste Yoga Journal e Yoga International e i suoi libri sono diventati dei classici della letteratura yogica. Statunitese di nascita e neozelandese d’adozione, Donna Farhi può essere considerata di diritto una delle figure più importanti dello yoga contemporaneo, e non solo per i motivi appena citati. Sono stati soprattutto il suo approccio naturale e autentico a questa disciplina e la sua grandissima abilità nell’aiutare le persone a fare propria la pratica spirituale ad averle permesso di diffondere la sua visione e ispirare migliaia di praticanti e insegnanti in tutto il mondo. In occasione dell’uscita dell’edizione italiana del suo quarto libro, Insegno Yoga, la nostra redazione l’ha intervistata per offrirti la possibilità di conoscerla più da vicino e condividere con te le riflessioni di una grande insegnante. Ecco cosa ci ha raccontato.
Redazione Web Macro
Cosa ti ha spinto a diventare insegnante di Yoga?
Nei primi anni di università ho fantasticato per un po’ sull’idea di diventare medico, fisioterapista o chiropratico. Allora insegnavo già yoga e avevo uno studio dove praticavo massaggio profondo e facevo educazione al movimento. Decisi che non ero interessata a quelle modalità terapeutiche “passive” dove il cliente non è coinvolto attivamente nella cura di sé stesso. Dopo diversi anni di lavoro come massaggiatrice, ho notato che i clienti che non praticavano nessun tipo di esercizio regolare, non miglioravano e tornavano in continuazione da me con gli stessi problemi. Offrire agli studenti gli insegnamenti dello Yoga è uno degli strumenti più potenti che posso condividere con un altro essere umano.
Quali sono state le sfide maggiori che hai dovuto affrontare come insegnante?
Gli anni più difficili di insegnamento per me sono stati quelli in cui mi sono sforzata di creare un linguaggio e una struttura per impostare un approccio più naturale di insegnamento dei movimenti e delle asana. Dopo anni di studio di un metodo formale, ho capito che si trattava essenzialmente di un metodo malsano e per questioni di etica non potevo continuare a insegnare sotto il tetto di quel sistema. Quella strada per me si era interrotta, ma ancora non se ne era formata una nuova. Sono commossa che così tanti allievi abbiano tenuto duro insieme a me mentre lottavo per trovare le parole e le tecniche che avrebbero permesso ad altri di avvicinarsi allo Yoga come un processo di ricerca e scoperta, piuttosto che uno di imitazione e riproduzione meccanica di forme vuote.
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Quali sono i benefici del praticare yoga con un insegnante piuttosto che farlo da soli?
Io stessa sono prima di tutto una “autodidatta”, nel senso che mi piace la libertà di imparare a modo mio e condurre la mia personale ricerca senza essere guidata troppo da una influenza esterna. Forse è stato perché ho trascorso molto tempo da sola quando ero bambina e nel corso della mia vita che ho dovuto coltivare forti risorse interiori. Credo che sviluppare la capacità e la disciplina per seguire uno studio personale sia per molti aspetti molto più importante che contare troppo su un insegnante. Comunque, se questa crescita interiore viene coltivata come parte dell’interazione tra insegnante e studente, avere a disposizione l’esperienza dell’insegnante può essere preziosissimo per aiutare lo studente a sviluppare solide basi dalle quali procedere. Credo che il ruolo dell’insegnante debba essere quello di creare un contesto efficace che permetta allo studente di imparare.
Quali sono le qualità principali di un buon insegnante?
Un buon insegnante è veramente interessato al progresso dei suoi studenti ed è capace di ascoltare in modo ricettivo non solo ciò che lo studente dice, ma anche ciò che rimane tra le righe e che lo studente non è ancora in grado di dire. Penso che i migliori insegnanti si concentrino su piccoli e crescenti momenti di miglioramento e da lì costruiscano la sicurezza dello studente rispetto al suo percorso. Un insegnante forte di sé trae enorme soddisfazione nel vedere un allievo crescere e costruire il proprio potenziale.
Come fai a sapere se sei adatto a diventare insegnante di Yoga? Ci sono delle domande che dovresti porti prima di avvicinarti a questo lavoro?
Nel mio modello pedagogico l’insegnante attinge alla profondità della sua pratica quotidiana come risorsa per l’insegnamento. Frequentare migliaia di lezioni e seminari non può sostituire l’importante processo di mettersi su un tappetino e condurre il proprio esercizio. In questo modo, quando insegni sei in grado di farlo partendo dalla tua esperienza diretta invece che da una conoscenza teorica o dalla formula di un metodo. Non tutti sono adatti a questo approccio di apprendimento essenzialmente solitario, quindi direi che ciò di cui hai bisogno è un alto livello di questo processo di studio interiorizzato.
Nei paesi occidentali la maggior parte delle persone che comincia a fare yoga lo intende come esercizio per mantenere la linea piuttosto che come una disciplina completa che implica una pratica spirituale. Da insegnante, come affronti questa concezione errata così frequente?
Certe persone usano la giustificazione che se togli “tutta quella roba spirituale” dalla pratica, rendi lo Yoga più appetibile agli occidentali. Io penso che sia piuttosto come entrare in un bar per prendere un cappuccino e ordinare solo latte e zucchero. Di certo possiamo modificare un po’ la terminologia per evitare di alienare un nuovo studente che non ha familiarità con gli insegnamenti yogici per via del suo background culturale. Però non credo nel cambiamento dei principi fondamentali in base alla persona… penso che sarà la persona a cambiare se le viene fornita un’esperienza piena e completa dello Yoga come unificazione di mente corpo e spirito.
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Ho molti studenti che apparentemente vengono a lezione perché vogliono perdere peso, ridurre lo stress o curare il mal di schiena (tutti validi motivi per cominciare una pratica Yoga). Quando entrano nel vivo della pratica, però, si accorgono subito che i benefici arrivano a toccare ogni aspetto delle loro vite. Cominciano a notare che diventano più calmi e meno irritabili, che dormono meglio, che lavorano in maniera più produttiva, comunicano meglio, si sentono meno depressi e sono in grado di ridurre o eliminare i farmaci. Perché privare le persone di questa possibilità banalizzando la pratica e trasformandola in una vuota routine di esercizio fisico?
Nell’introduzione di Insegno Yoga dici che in nessun’altra professione si deve tenere conto della condizione fisica, psicologica, emotiva e spirituale di un individuo. Come riesci a comunicare a tutte queste diverse dimensioni dei tuoi allievi?
Quando entro per la prima volta in una stanza con dei nuovi allievi cerco di calarmi in un profondo stato di osservazione e ascolto. Mi chiedo “come posso sostenere e aiutare ciascuna di queste persone ad aprirsi e crescere?”. Il nostro lavoro insieme scaturisce da questa domanda. Inoltre, quando gli studenti sentono di trovarsi in un ambiente sicuro e tranquillo, qualsiasi aspetto del loro essere emerge in modo spontaneo ed è più facile che venga integrato consapevolmente. Non cerco il cambiamento a tutti i costi e nemmeno forzo questo processo, cerco semplicemente di creare un contesto favorevole dove il cambiamento possa avvenire secondo i ritmi dello studente e in modo che sia lui a determinare i suoi limiti e a fare le sue scelte.
Nel secondo capitolo dici che quando un allievo diventa un amico la tua capacità di servirlo come insegnante si esaurisce. Che cosa ti aiuta a mantenere dei confini chiari?
Potrebbe essere utile porsi la domanda “Sto cercando una amicizia con questo allievo per un mio bisogno personale?” Uno potrebbe attraversare un periodo di solitudine o isolamento e vorrebbe usare gli studenti come supporto sociale, in sostanza li userebbe per soddisfare i suoi bisogni. È quando gli insegnanti sono ben consci di essere loro a servire i bisogni degli studenti che si impostano dei confini chiari.
Inoltre, le persone intendono l’amicizia in modo diverso. Per me una amicizia personale è una relazione molto intima nella quale voglio avere la possibilità di condividere liberamente ogni aspetto di me con l’altra persona. Non è necessariamente utile o appropriato per un insegnante condividere i dettagli della sua vita personale con gli studenti a meno che questa informazione non sia in qualche modo rilevante per il percorso dell’allievo. È per questo che è così importante per l’insegnante avere un ambiente sicuro e confidenziale dove sia possibile aprirsi. Potrebbe essere un ambiente tra colleghi di fiducia, una guida o addirittura un terapeuta.
Infine, qual è il primo e più importante consiglio che daresti a un futuro insegnante di Yoga?
Insegnare in modo coerente rispetto alla propria integrità e ai propri valori fondamentali, anche se questo significa avere un altro lavoro per poter guadagnare abbastanza. Poi, anche se insegni a gruppi molto ristretti o fai lezioni individuali, puoi trarre soddisfazione nel sapere che hai aiutato qualcuno. Oggi viviamo in un mondo nel quale i valori si sono distorti, un mondo in cui avere 20.000 “amici” sui social network è più importante che avere un’unica vera relazione. Se abbandoniamo i principi fondamentali etici e morali dello Yoga, siamo di fatto al servizio della patologia di questa cultura. Sostenendo i valori cardine dello Yoga, che sono compassione, onestà, semplicità e generosità, abbiamo la possibilità di operare un cambiamento indelebile all’interno della società. Il sito internet ufficiale di Donna Farhi è www.donnafarhi.co.nz