Mantra Yoga: suono e pronuncia agiscono su corpo e psiche
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La parola e il suo suono, ormai si sa, hanno un grande impatto non solo sulla nostra psiche ma anche sul nostro corpo e sulle nostre emozioni. E nella pratica del Mantra Yoga questo aspetto acquista una importanza ancora maggiore, poiché le posizioni e la pratica sono accompagnate dalla recitazione dei mantra, appunto, apposite evocazioni poetiche e dal profondissimo significato spirituale.
Redazione Web Macro
I mantra nello Yoga si esprimono in sanscrito e la vibrazione dei suoni che vengono pronunciati da chi pratica agisce sia sulla dimensione fisica che sul piano energetico e spirituale.
Infatti, come spiega bene Giorgio Lombardi nel suo libro “Mantra Yoga”, «lo yoga si fa con il corpo (annamaya-kosha) e la sua energia (prânamaya-kosha), la mente (manomaya-kosha), la psiche (vijñânamaya-kosha) e lo spirito (ânandamaya-kosha), ma senza tenere separati tutti questi aspetti del nostro essere, bensì mantenendoli uniti e disciplinati». E per raggiungere questa condizione sinergica d’azione, è importantissimo conoscere a fondo la modalità con cui pronunciare i suoni dei mantra e l’impatto che hanno su di noi.
I sedici livelli progressivi
La tradizione organizza il mantra-yoga in sedici livelli progressivi, con tecniche psicofisiche e con pratiche di culto che coincidono parzialmente con le otto membra, cioè gli ashtânga, dell’omonimo Yoga di Patañjali, che sono: yama (le cinque astinenze), niyama (le cinque osservanze), âsana (posture), prânâyâma (controllo della respirazione), pratyâhâra (ritrazione dei sensi), dhâranâ (concentrazione), dhyâna (meditazione) e samâdhi (instasi). Con la frase “Yogash citta-vritti-nirodhah” Patañjali definisce lo yoga come “l’arresto delle funzioni mentali”.
«Va sottolineato come il potere del mantra, che contiene ed esprime l’energia curativa e la forza spirituale del suono, vada sperimentato più che descritto – spiega Lombardi - Da quando hanno scoperto la capacità di parlare, gli esseri umani hanno tentato non solo di esprimere concetti e sentimenti, ma anche di capire il significato profondo di ciascun suono emesso con la voce. L’uso di speciali vocalizzi considerati sacri, come i mantra, oltre alla primaria validità confessionale, può avere particolari effetti psicofisici e diventare terapeutico. La ripetizione di precise formule (singole vocali, sillabe, parole o frasi) viene considerata un esercizio vocale e respiratorio efficace per liberarsi dalle tensioni proprie o proteggersi dagli influssi altrui e, infine, elevarsi spiritualmente. Si crede che con questa pratica la persona possa curare il disturbo, cambiando non solo l’umore del momento, ma arrivando anche a modificare i pensieri dominanti».
Nel libro di Lombardi ci sono peraltro a disposizione appositi qrcode e link attraverso i quali poter ascoltare le registrazioni audio della corretta modalità di emissione dei suoni nei numerosi mantra descritti e forniti dall’autore.
Si può anche «passare da un mantra all’altro alla ricerca del proprio testo ideale, ma quando si pensa di averlo trovato bisogna dedicarsi a recitarlo a lungo per perfezionarlo» spiega Lombardi. «Secondo i testi che ne parlano, lo scopo del mantra è quello di cogliere l’identità tra l’essenza dell’individuo (âtman) e l’Assoluto (Bráhman)».
I quattro gruppi di mantra
Vi sono quattro gruppi distinti di mantra:
- Vaidika-mantra (mantra dei Veda): costituiti da inni o strofe o versetti, detti shloka, tratti appunto dai Veda; venivano usati durante cerimonie e sacrifici, e nell’adorazione delle varie divinità. Solo l’élite che aveva studiato il sanscrito era abilitata a recitarli (brâhmana). Però molte formule venivano usate al di fuori della tradizione per fini non religiosi ma magici, come guarire un malato o eliminare nemici. I più conosciuti mantra dei Veda sono la Gâyatrî; lo Svasti-mantra e il Mrityunjaya-mantra. Queste salmodie sono dotate di significato, quindi sono molto simili a preghiere e vengono dette anche Shakti-mantra.
- Puranika-mantra (mantra dei purâna) sono anch’essi molto antichi, ma erano praticati dalle persone più comuni che non avevano avuto la possibilità di studiare i Veda. Più facili da recitare, aiutavano la gente di casta inferiore, e quindi non abilitata all’uso del mantra vedico, ad affrontare i problemi dell’esistenza. La tradizione ne ha tramandati molti. I più conosciuti sono il Mahâ-mantra e il Pañchâksara-mantra.
- Bîja-mantra (mantra-seme), suoni formati di solito da una sola sillaba, senza alcun significato evidente, tratti soprattutto dalla tradizione tantrica, con forte corrispondenza sonora e magica con divinità o con singole parti del corpo, come le mâtrikâ e i bîja indicati sui chakra.
- Mantra misti (formati sia da inni vedici o puranici sia da suoni-seme), sono di solito i più recenti: per esempio, i mantra e i bîja del Saluto al Sole. Nel libro “Mantra Yoga”, Giorgio Lombardi analizza i diversi mantra, ne illustra il significato e ne propone una modalità ideale di recitazione attraverso la minuziosa spiegazione dei suoni da utilizzare per massimizzarne l’effetto.